Il sorriso di Martina

Tradotto da Monica Manicardi

La prima volta che Arnold la picchiò fu durante la loro prima notte a letto insieme, Martina scappò con lui perché la sua famiglia la voleva mandare a vivere a casa di sua zia Dominga nella capitale, per toglierle di dosso il pigro che le girava intorno, così suo padre lo chiamava ad Arnold, «il pigro senza lavoro». Sua madre, che era cresciuta pascolando mucche e facendo tortillas per tutta la famiglia e che quando si sposò continuò ad eseguire le stesse mansioni, le disse di sposarsi solo dopo che  si fosse laureata in qualcosa che l’avrebbe tolta dal  mungere le mucche e dando da mangiare ai facchini nella valle.

Il padre di Martina era riuscito a comprare trenta alberi di mele che erano rimasti appesi in un burrone, lì seminarono il mais, fagioli, miglio e ne misero da parte un pezzo per  pascolare le mucche che lui le aveva comprate in El Salvador per rivenderle in terra fredda per la macellazione. Un anno dopo quando  Martina divenne donna   le apparve Arnold appena atterrato dagli Stati Uniti, il quale era venuto a trovare i suoi genitori a casa dei nonni.

Come succedeva nei romanzi che aveva visto, Martina pensò che fosse amore a prima vista quando le sue budella si agitarono e cominciarono a morderle lo stomaco, sua madre la fece scendere dalle nuvole quando le disse che erano amebe e la purgò con olio d’oliva, succo di limone e bicarbonato di sodio e le strofinò il ventre con le mani imbrattate di olio caldo. Era vero, scoprì di avere amebe perché dopo aver trascorso due giorni seduta nella latrina non tornò più a sentire i morsi nella pancia.

Con tutta la delicatezza che la situazione meritava, Bartolina de nía Tula spiegò a sua figlia i cambiamenti ormonali che le mestruazioni portavano,  Martina non voleva che scendessero tra le sue gambe le quali  generavano quel dolore peggiore di quello dei denti, la madre le spiegò che questo non era niente, che avrebbe  sofferto di più nel dare alla luce i suoi figli, che quelli erano veri dolori, la disse che se non voleva sentirli alla sua età doveva fare attenzione che assolutamente nulla entrasse in mezzo alle sue gambe.

Quando Arnold la salutò alla fiera patronale, Martina invece di rispondere al saluto corse fuori frettolosamente, lui fu deliziato dalle gambe magre, alte,  e che correva  come una gazzella. Suo cugino Iracundo gli raccontò che così  erano quelli del paese che quando vedevano uno sconosciuto si nascondevano dietro le porte delle loro case o correvano via e non rispondevano ai saluti finché non prendevano confidenza e che peggio erano quelli dei villaggi dei monti. Ecco perché Arnold, che all’epoca aveva ventotto anni, scommise mille quetzal che sarebbe stato il suo fidanzato e che avrebbe portato via la montanara.

All’età di tredici anni, Arnold cominciò ad apparire a Martina ad ogni angolo, al negozio, al mulino, sulla vecchia strada per la valle, nel parco, alla fermata dell’autobus, sulla strada per la scuola. Nei  primi sei mesi non rispose al saluto né ricevette i fiori che lui le regalava, tanto meno i cioccolatini o le buste di acqua. Non ballò con lui nella festa patronale, fu durante la Settimana Santa nell’ultima processione che non poteva lasciarlo parlare da solo tra il tumulto della gente e dovette rispondergli, cosa che desiderava dal momento in cui lo vide il primo giorno.

Sono bastate due o tre parole e le labbra di Arnold perché Martina cadesse ai suoi piedi e in tre mesi accettasse di scappare con lui. Ma Arnold aveva una fidanzata ufficiale negli Stati Uniti e questo era noto a tutta la famiglia che rimase in silenzio quando lo videro affascinato da Martina. Arnold, nato negli Stati Uniti, andò a vivere in Guatemala a casa dei nonni per stare vicino a Martina, che l’accantonava ogni volta che lui voleva nei vicoli, tra i boschetti della vecchia strada, al buio quando lei pensava di andare al negozio a comprare qualsiasi cosa pur di uscire e vederlo.

Segretamente e con l’aiuto di suo cugino Iracundo organizzarono appuntamenti, in nessun momento andò a chiedere il permesso a casa sua per corteggiarla, lo  fece  di nascosto, anche se la sua famiglia lo sapeva fin dall’inizio e il nonno non era d’accordo sul fatto che le cose fossero fatte in quel modo, ma il nipote era di un’altra generazione e faceva quello che voleva. Non si preoccupavano dell’età di Martina, nel villaggio le ragazze scappavano anche con uomini più grandi di Arnold o i genitori le sposavano con la forza per sbarazzarsi di loro.

Il padre di Martina ricevette voci sulla relazione di sua figlia con il pigro che era venuto a trovarla, un pomeriggio li trovò  abbracciati dietro al  negozio di Doña Tana, voleva afferrarla per i capelli ma si trattenne, perché Joaquina, la nipote che si era laureata come psicologa nella capitale, gli aveva spiegato in più di un’occasione che nessun padre può picchiare le sue figlie per avere un fidanzato o  per uscire con un ragazzo che non è di suo gradimento, né proibire  di avere un fidanzato perché è stata una loro decisione. Ma quel ragazzo non era un ragazzo qualsiasi ed era un adulto che molestava una ragazza, poteva chiamare la polizia proprio lì, pensò, ma sapeva che pochi giorni dopo sarebbe stato di nuovo libero e che non c’era altro da fare che togliersi la voglia di spaccargli la faccia e così  fece, lo prese a pugni proprio lì e gli chiese di allontanarsi da sua figlia.

A Martina le fu detto che se l’avesse rivista con lui, l’avrebbe mandata a studiare nella capitale a casa della sorella Dominga. E’  durato una settimana lo spavento per Martina, in quei giorni la gente raccontò  a nia Bartolina di aver visto il nipote di Don Tolino  molestare la figlia ovunque, di stare attenta prima che rimanesse incinta. A casa di Martina organizzarono il viaggio per la mattina successiva, di notte Arnold aspettò Martina nel recinto  e la portò via fuggendo a casa di suo cugino Iracundo   perché non poteva portarla a casa di suo nonno, non  gli avrebbe mai permesso una tale mancanza di rispetto.

Quella prima notte insieme, Martina che non sapeva assolutamente nulla della vita sessuale, si spaventò quando lo vide nudo e pianse quando Arnold le aprì bruscamente le gambe e spinse con forza il suo membro all’interno del suo corpo. Non respirò, le lacrime le scendevano sulle guance quando sentiva la forza con cui Arnold la possedeva, si servì di lei  come voleva e una volta soddisfatto la gettò al lato del letto, si vestì e andò a festeggiare con Iracundo al bar del paese.

Al mattino presto tornò ubriaco per possederla di nuovo, questa volta la picchiò perché non sapeva come ricambiare tutto ciò che le chiedeva di farle. Così Martina trascorse quindici anni della sua vita con Arnold e diede alla luce quattro figli, non ebbe mai una parola di rispetto da parte di lui, non una sola carezza e fu sempre presa con la forza. Quando vennero le prime mestruazioni a sua figlia maggiore  e Obdulio, nipote di Iracundo  cominciò ad interessarsi a lei, Martina non ci pensò due volte, afferrò i suoi quattro figli, raccolse alcuni cambi di vestiti in uno zaino e li portò il più lontano possibile da Arnold e dalla sua famiglia.

Senza molti soldi oltre ai biglietti sono riusciti a raggiungere Quetzaltenango, lì  trovò lavoro in una fattoria raccogliendo caffè, lavoro che fecero anche  i suoi figli a part-time condividendo le attività scolastiche. Sono passati vent’anni da allora e Martina con molta fatica, risparmiando centesimo dopo centesimo, riuscì ad  andare dal dentista e mettersi le corone sui denti che Arnold le aveva rotto quando la picchiò  durante la loro prima notte dormendo insieme. Può finalmente sorridere di nuovo spontaneamente, senza doversi coprire la bocca con una mano per nascondere i denti rotti. Originari di Quezada, Jutiapa, i figli di Martina sanno che la violenza fisica ed emotiva non fa parte di una relazione sana, l’hanno imparato dalla madre perché l’unica cosa che sapevano del padre era che era tornato insieme a una ragazza di venticinque anni più giovane di lui.

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Ilka Oliva-Corado @ilkaolivacorado

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