Tradotto da Monica Manicardi
Si siede per riposare un attimo, è stata in piedi per dieci ore con due pause di dieci minuti per andare in bagno e mezz’ora per il pranzo. Il clima di novembre è molto freddo a New York, sono i giorni per vestirsi con tre cambi d’abito, con guanti spessi, due paia di calze e stivali da trattorista. Nemesia indossa sempre una cuffia e cappello per coprirsi dal freddo e dal sole. Il foulard che le copre il viso si usa tutto l’anno, l’aiuta un po’ con le scottature sulla pelle, d’estate per il caldo e d’inverno per il freddo.
Cammina avanti e indietro tra i solchi dei meli nel podere dove lavora, la cassetta che porta sulle spalle quando è piena pesa cinquanta libbre, il peso raddoppia quando deve salire la scala fino in cima agli alberi per raggiungere i frutti che sono più alti, durante la discesa ha ancora più paura di scivolare perchè potrebbe costargli la vita.
Non è da molto che è arrivata negli Stati Uniti, più o meno vent’anni fa. E’ arrivata giusto in tempo per la stagione della raccolta delle mele e ha trovato subito lavoro in quel campo dove è rimasta da allora. Nemesia ha sempre creduto di essere stata fortunata a non dover girare come la maggior parte dei migranti privi di documenti, che passano di lavoro in lavoro lottando per la sopravvivenza contro la lingua e l’esclusione. La raccolta delle mele è un duro lavoro, dice Nemesia alla sua famiglia quando parla con loro in videochiamata, ma è dove può guadagnare meglio nelle sue condizioni perché non parla inglese.
Nella sua nativa San Juan Chamelco, Alta Verapaz, Guatemala, indossava i suoi abiti indigeni, nei campi di mele indossa pantaloni di tela. I suoi abiti guatemaltechi li usa solo per eventi speciali, ha smesso gli abiti di tutti i giorni per indossarli come abiti di gala.
Nemesia si siede per riposare un po’, ha ancora due ore di lavoro, con il cellulare scatta una foto alle cassette di mele accatastate su un lato dei filari, per inviarla alla sua famiglia a San Juan Chamelco affinché possano vedere il lavoro che fa. Solo con loro può praticare la sua lingua madre, il Poqomchí, a New York parla Q’eqch’i con chi l’ha accolta, anch’essi di San Juan Chamelco, non ha ancora imparato l’inglese perché nemmeno i suoi colleghi di lavoro non lo parlano parlano solo lo spagnolo. Nemesia ha dovuto attraversare un deserto per imparare lo spagnolo.
Ogni scatola contiene 900 libbre di mele e per ogni scatola un lavoratore agricolo guadagna 20 dollari. Nemesia riesce a riempire 7 casse durante le 10 ore di lavoro, guadagnando 140 dollari al giorno per 6.300 libbre di mele raccolte, questo in una giornata tranquilla. Se la sua schiena potesse parlare, racconterebbe con un motto cosa sia lo sfruttamento del lavoro nella vita di un immigrato irregolare.
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Ilka Oliva-Corado @ilkaolivacorado