Il desiderio del venditore

Tradotto da Monica Manicardi

Accende il ferro da stiro e prepara un bicchiere d’acqua da spruzzare con le dita sui pantaloni. Fulgencio continua la tradizione di suo nonno materno, indossa camicie e pantaloni eleganti, di lana  e scarpe tipo mocassino. Sempre con il suo fazzoletto di stoffa ben stirato e piegato con cura tenuto nella tasca dietro i pantaloni. Indossa la stessa cintura di pelle da quarant’anni.

Siccome ha il cambio pronto, va a fare il bagno con l’acqua fredda del barile, ma prima lava i vestiti del giorno prima e li lascia asciugare. Strofina i calcagni con le pietre pomici che compra al mercato del locale di Doña Juanita, che è la venditrice più anziana, con trent’anni di servizio, ha iniziato a vendere spugne naturali e attualmente ha pietre pomice, sacchi di sabbia rossa, resina che utilizza come incenso, candele,  e sigari.

Quando ha abbastanza soldi, Fulgencio compra il dentifricio, ma si lava regolarmente i pochi denti che gli restano con sale e carbone.  Si bagna il collo con l’Agua Florida alla vecchia maniera.

Per lui è molto difficile adattarsi per produrre la sua merce, affitta una stanzetta di tre metri per tre nelle vicinanze del mercato La Presidenta, nella capitale guatemalteca. Fa sempre colazione alla bancarella di Doña Julia, che viaggia tutti i giorni alle due del mattino da Ciudad Vieja, Sacatepéquez, alla capitale quando arriva l’alba, sta già sistemando i suoi due tavoli di pino e sopra di essi i cestini con patate dolci e i frutti  guisquiles, l’atol -bevanda di farina di mais- a tre cotture,  riso col latte e atol bianco. Sulla griglia riscalda i tamales di fagioli, di chipilín e mais. Vende anche pane con uova e prosciutto e succhi d’arancia e alimenti con uova di anatra. Prima vendeva uova di parlama, ma da quando le  hanno spiegato dell’estinzione delle tartarughe, ha smesso di comprarle.

Fulgencio ordina sempre due tamales di chipilín  e un atol bianco che passa a  pagare  a mezzogiorno, quando va a pranzare: un pane con fagioli e un atol  di riso. Lui non ha una bancarella, ma tutti i giorni alle sette del mattino sta all’ingresso del mercato con la merce che porta in una cassa di legno che apre come una valigia e gli pende dalle spalle.

Si siede sulla sua panca di plastica e comincia a offrire il suo prodotto: gomma da masticare, cioccolatini, sigarette singole e pacchetti,  e qualche biscotto occasionale. Quando si stanca o si annoia  lascia il banco di comando e gira per il mercato, ci sono momenti in cui finisce davanti ai cancelli del Cimitero Generale e aiuta i venditori di fiori. È così che si stira i muscoli e prende un po’ d’aria, poi torna alla sua postazione. Ci sono momenti in cui si addormenta e non riesce a vendere, ma alcune persone gli lasciano i soldi in un angolo della cassa.

Non è molto quello che riesce a vendere al giorno  per questo Fulgencio, settantacinque anni, analfabeta, senza familiari in vita, alla fine della sua giornata lavorativa offre il suo aiuto ai venditori del mercato, pulendo e buttando la spazzatura, con quello che gli danno si  aiuta a sistemarsi per  l’affitto e il cibo di giorno in giorno.

Si prepara la cena sul piccolo fornello da tavola che ha nella stanza che affitta, sono verdure che ha messo da parte dalla spazzatura, si rammarica di non avere un frigorifero perché altrimenti conserverebbe persino  le ossa di pollo che vengono buttate via dalla negozi di pollo e  alcuni fegatini e ventrigli per il suo brodo. Ma ha un materasso che ha comprato nuovo nel viale  Bolívar, è il suo più grande lusso, non aveva mai avuto niente di nuovo in vita sua, a volte pensa che sognare un frigorifero sia chiedere molto dalla vita ed essere ingrato per quello che ha, ha persino un cuscino di riserva.

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Ilka Oliva-Corado @ilkaolivacorado

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