Parliamo di patriarcato

Tradotto da Monica Monicardi

Il patriarcato dovrebbe essere un tema di conversazione, come quando parliamo di football, di musica, di letteratura, di arte, di film…

Si dovrebbe parlare del patriarcato e delle sue  conseguenze, nella scuola, nell’università, nelle riunioni sociali, ovunque e a tutte le ore.

Perché? Perché è il nostro nemico da battere, e non è un argomento che riguarda solamente le femministe, non bisogna essere femministe per parlare di patriarcato; il patriarcato ci reca danno a tutti, ad alcuni più di altri, perché non uccidono un uomo per il suo genere, la donna sì.

Un uomo se ha delle amanti è un gallo, un uomo virile, un don Giovanni, lo applaudono, una donna che ha degli amanti è una puttana, viene indicata e sottovalutata dalla società. Proprio così, quanti di questi galli che le indicano non vorrebbero andare a letto con loro e quante di queste donne sante che le indicano non vorrebbero essere come loro. Ma questa è tutta un’altra cosa.

Il nemico da battere è il patriarcato, che ha enormi tentacoli come la corruzione e la impunità; è talmente potente che sta installato nella nostra società come qualcosa di naturale e di culturale, a prescindere dal paese. 

Qualcosa di talmente naturale come un abitudine, come la sequenza stessa del movimento nel camminare o nel chiudere gli occhi per dormire, il patriarcato si apprende, nessuno nasce misogino, maschilista od omofobo, è così potente che la maggioranza delle volte  non ci rendiamo conto che stiamo seguendo schemi che ci limitano, ci stereotipano e ci violentano.

Del patriarcato non bisogna solamente parlare nel movimento di Non Una di Meno, o nella veglia funebre delle vittime del femminicidio, o quando veniamo a conoscenza di una violenza; comincia con il linguaggio, continua con i gesti e termina con le azioni che hanno le conseguenze più drastiche nei femminicidi e nei transcidio. Il patriarcato è una struttura che è fondata nel sistema, la violenza di genere non la promuove il reggaeton, la promuove il sistema il quale dice che la bambina deve vestirsi di rosa e il bambino non può indossare la  gonna. Che il bambino deve andare a sverginarsi in un bar come se niente fosse e che la bambina deve aspettare il giorno del matrimonio. Cos’è sverginarsi in un bar? Forse non è occultare il milionario affare del traffico di bambine, adolescenti e donne a scopo di sfruttamento sessuale? Non è forse  insegnare ai bambini utilizzare la donna come un oggetto? Forse non è disumanizzare questo bambino? Non è violentare queste bambine, adolescenti e donne?

La violenza di genere e il patriarcato li promuove la scuola, che dice che i bambini non vi entrano se hanno i capelli lunghi e  nemmeno le bambine se si colorano i capelli o si vestano da uomo. Che significa vestirsi da bambina o vestirsi da bambino? Su cosa ci basiamo, chi siamo per decidere come si deve vestire, comportare o provare sensazioni ogni genere? E se una persona sente di non appartenere ad alcun genere, come  la trattiamo? Quella stessa scuola che se vede due bambini o due bambine che si baciano, pensano che sia cattivo esempio e li mandano in terapia per raddrizzarsi. 

E le persone eterosessuali perché bisogna indirizzarle? Esistono realmente le persone eterosessuali? Cos’è la eterosessualità? La maggioranza  delle molestie di strada, percosse e femminicidi li commettono gli uomini eterosessuali contro le donne eterosessuali, omosessuali e donne transessuali? Cosa dice la società patriarcale al riguardo? “Se lo è cercato perché e puttana, se  lo è cercato perché è omosessuale”. Che cosa dice? E il sistema giudiziario cosa dice?

Cosa succede con questi bambini che si sentono bambine? Li escludiamo, li insultiamo, li disprezziamo fino a che si suicidano? Fino a quando saranno adulti frustrati, infelici in un mondo di ipocriti? Di ipocriti eterosessuali, questo sì. 

La violenza di genere e il patriarcato, li promuove il sistema privi di leggi che appoggiano l’aborto legale e sicuro.  Un sistema di educazione, salute e giustizia che mancano di una visione di genere. Il sistema che dice che una donna non ha la capacità intellettuale per svolgere lo stesso lavoro di un uomo e di conseguenza il suo salario deve essere  minore. Il sistema che dice che anche se ha la stessa capacità, per il suo genere una donna deve percepire un salario minore dell’uomo.

E questa linea di condotta del patriarcato che è una mancanza dei diritti lavorativi e umani,  sovrappongono coloro che usufruiscono della giustizia e qui ci sono uomini e donne. Purtroppo.

Donne sante che sono contro l’aborto, per esempio. Uomini santi e omofobi che sono contro il matrimonio paritario, per esempio. Una società che copre le azioni inumane di un sistema di un governo patriarcale, maschilista, misogino e femminicida.

Il patriarcato è ovunque, nella letteratura, nell’arte, nella fermata degli autobus, nelle classi delle scuole, nel linguaggio del docente, nello sport (le assistenti quasi nude che consegnano le medaglie ed i riconoscimenti ai vigorosi sportivi), nelle mani del dottore, nelle promesse  dell’esclusione di un candidato presidenziale. E’ nel letto, è nel sesso.

Che cosa ci limita a parlare di patriarcato e delle sue conseguenze? La nostra doppia morale? La paura di perdere la virilità, nel caso dei maschi dominanti?  Paura al ridicolo?


Parliamo di patriarcato, misoginia, femminicidio, transcidio, parliamo di omosessualità, parliamo di diritti, di giustizia. Parliamo di perdere i privilegi, e parliamo della integrazione di una società che rispetta le differenze e la diversità. Ma non solo dobbiamo parlate, ma agire, le parole le porta via il vento, è nostro obbligo estirpare le radici del patriarcato ed eliminarlo.

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Ilka Oliva Corado. @ilkaolivacorado contacto@cronicasdeunainquilina.wordpress.com

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