Tradotto da Monica Manicardi
Noi, la generazione dell’oblio, il branco di bambini di Pirro cresciuti nella dittatura post dittatura latinoamericana, non ci hanno lasciato altro che lo scarto. Ci hanno tolto i libri di testo, le lezioni di Educazione Musicale, le lezioni di arte, le lezioni di Educazione Fisica, all’improvviso ci hanno tolto il cortile della scuola, ci hanno lasciato senza banchi, senza tetto e infine senza scuole; in questi paesi saccheggiati da folle di bambini ingrati che osavano sputare le viscere da cui provenivano. E un giorno ci hanno lasciato senza casa.
Quindi affamati succhiavamo il fiele del tradimento che è stato il nostro cibo fin dai primi anni dell’infanzia, senza sapere che ci nutrivamo del pensiero che altri introducevano nei nostri piccoli cervelli, sprovvisti, bisognosi di malefatte che è consuetudine nell’infanzia. E siamo cresciuti, ignari della realtà, della storia, della memoria e abbiamo imparato in tempo il testo che altri ci facevano dettare nelle lezioni di spagnolo e di scienze sociali.
Hanno cambiato i nomi dei fiumi, delle città, hanno manomesso la loro dignità e imposto l’impunità alla lavagna, hanno fatto di quel pezzo di gesso la prima arma per il lavaggio del cervello della scuola. Per poi andare via completando a poco a poco le elementari, nel diversificato e nell’università con piani di studio che hanno eliminato la vera storia dei popoli latinoamericani. Noi, fragili, non ci siamo informati, abituati a ricevere il boccone già masticato in bocca, non avevamo la capacità di fermarci a pensare che facevamo parte di un complotto, il bestiame che va al macello e odiavamo automaticamente coloro che ci dicevano che dovevamo odiare. Oh, povero gregge disgraziato!
E poi con le radici degli alberi hanno fatto crescere il razzismo e abbiamo imparato ad odiare la nostra stessa eredità ancestrale, volevamo essere di ogni dove tranne da dove venivamo, un colpo crudele è stato vedere i nostri lineamenti indigeni sui nostri volti e ci siamo sentiti infelici, oh dannata fortuna! e volevamo che quella terra bruciata si fosse portata via tutto, perché non c’è punizione più crudele che voler essere caucasici e sapere di essere meticcio, un povero nero latinoamericano.
Odiamo il colore rosso, un colore semplice, ci hanno insegnato a odiare i colori che sono l’anima delle arti. Che il genocidio se lo meritavano le etnie indigene perché erano inferiori all’intelligenza umana e che le sparizioni forzate dovevano essere attuate per ripulire l’America Latina dai fannulloni che non volevano lavorare e volevano conservare i beni degli altri. E così lo memorizziamo e lo ripetiamo, come una pagina di calligrafia e come punizione per il tempo di ricreazione.
Ci hanno raccontato tutto il contrario, hanno distorto i fatti, ci hanno dato lo scarto e hanno nutrito le nostre anime di rifiuti. Per questo siamo pezzi di quercia da sughero erranti, dubitando senza sapere dove mettere i piedi, senza radici, senza alcun appoggio che ci aiuti nel cammino, per questo siamo zappe, incapaci di allungare la mano senza aspettarci nulla in cambio.
Incapaci di condividere il cibo, una conversazione, una passeggiata, il piacere del silenzio che precede la creatività. La creatività, ci dicevano che è una cosa da pigri, come le arti, che la nostalgia appartiene ai deboli e che l’utopia appartiene a chi non ha mai voluto lavorare. Non potremmo mai amare, né la pioggia, né il campo di grano in fiore, né l’aroma della terra bagnata, né la foschia dell’alba, né l’odore della corteccia del pino che brucia nel forno di pietra. Non possiamo toccare, anzi, ci piace possedere. Ci hanno trasformato in esseri insensibili, alieni, chiusi in una bolla di indolenza, incapaci di reagire: inutili. Non è mai stata un’ideologia.
E naturalmente, ci hanno anche insegnato a odiare Cuba, solo perché è così. Come oggi insegnano alle giovani generazioni a odiare il Venezuela. E siamo così meschini che in questa generazione dell’oblio non abbiamo mai potuto chiederci: e che succede se quello che ci hanno insegnato non fosse ciò che è realmente accaduto? Ma abbiamo paura, perché il riflesso nello specchio non mente, anche se indossiamo mille maschere.
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Ilka Oliva Corado @ilkaolivacorado