Perché siamo mandriani

Tradotto da Monica Manicardi

In Guatemala, ad esempio, un  piccolo pascolo dove pullulano  razzisti, classisti, xenofobi, omofobi e corrotti, essere nero è peggio che essere indigeno, il nero è all’ultimo posto non solo nelle classi sociali, ma anche nei diritti umani. Nessuno vuole avere un amico nero, un datore di lavoro nero, un insegnante nero, una moglie nera, figli neri. E anche se sembra incredibile perché anche le popolazioni indigene sono state sfruttate ed escluse, nemmeno loro vogliono relazionarsi con i neri, sarebbe la fine!

I neri  solo servono  per una cosa, muoiono per avere un amante nero, ma non avranno mai una moglie nera, tanto meno figli neri, e con questo non sto parlando solo del Guatemala, questo è in tutto il mondo, ma in  America Latina di mentalità colonizzata è qualcosa di molto visibile.

Si dice molto sull’essere neri negli Stati Uniti, perché ovviamente bisogna dare la colpa agli Stati Uniti, attaccarli dove è possibile poiché non siamo in grado di guardarci allo specchio e vedere quanto siamo razzisti, è sempre meglio dare la colpa a qualcun altro . Noi mascalzoni tacciamo su cosa significhi essere neri in America Latina, lasciamo che siano le comunità afro in Colombia a parlare di  povertà a cui sono state sottoposte per decenni, delle violenze, delle sparizioni forzate e ai furti di terra del governo che li obbliga al pellegrinaggio. Che ne parlino le favelas brasiliane non solo ai tempi di Bolsonaro. Carolina Maria de Jesus ha avuto il coraggio di raccontare com’è vivere nella favela e di come ha subito la povertà e la  esclusione, oggigiorno le immagini parlano da sole e anche così non c’è reazione.

Immagini, se è così che vengono trattati i migranti alle frontiere quando ci sono le telecamere, immaginiamo cosa  fanno a loro quando nessuno li guarda per denunciarli, non mi riferisco solo agli Stati Uniti, che non difendo, sto solo cercando di esporre che anche noi grandi umanisti latinoamericani abbiamo una doppia morale, abbiamo la pelle spessa e usiamo a nostro piacimento la spina dorsale rotta dell’indocumentato quando si tratta di approfittare.  Chi è chi si è chiesto come si chiama il giovane che riceve la minaccia della frusta dall’agente della Polizia di Frontiera, se ha una famiglia? Cosa lo ha portato a lasciare il suo Paese e raggiungere il Texas? Come è stato il suo viaggio? Perché non ha trovato rifugio in nessun paese dell’America Latina? Abbiamo solo esposto lo stallone nero che più scuro è meglio è, ne abbiamo strappato l’identità e lasciamo l’immagine chiara dell’uomo bianco con la frusta, lì miracolosamente la nostra memoria si è rinfrescata e siamo stati consapevoli della storia dell’oppressione dei neri negli Stati Uniti, ma oh dolore, non quello degli afro in America Latina!

Perché precisamente nella Repubblica Dominicana, un paese di neri che si credono caucasici come il resto dell’America Latina, ovviamente, nel 2013 in tempi di un governo umanista, ai figli di haitiani privi di documenti nati nel paese gli hanno tolto la nazionalità dominicana, sono state più di  250mila  lasciati nel limbo. L’America Latina umanista non si è alterata, anche quando lo voleva fare Trump  negli Stati Uniti. Forse doppia morale o dimenticanza?

Ma tornando al tema dell’immigrazione, in Messico, ad agosto, il direttore di un ufficio immigrazione di Tapachula (dell’Istituto Nazionale della Migrazione ) è stato sorpreso a prendere a calci in testa un migrante che viaggiava con la carovana di centroamericani che cercava di raggiungere gli Stati Uniti Stati. López Obrador disse che era già stato rimosso dalla sua posizione quando tramite  una  foto non era vero. Ma in America Latina non si diede la colpa ad AMLO  per quell’immagine straziante, né per le politiche del suo governo sui migranti privi di documenti, che in realtà non sono molto cambiate molto  rispetto ai governi neoliberisti degli anni precedenti. 

Mentre in Texas si chiudevano le porte ai migranti haitiani, dalla parte messicana un elicottero sorvolava  le loro teste e furono catturati lungo le coste per essere deportati subito nel loro paese di origine. Ma l’immagine delle decine di autobus a Coahuila a pochi metri dal campo non è stata esposta, perché poi si tratta del “fratello” López Obrador che alla riunione della Celac ha detto ai partecipanti, (dove termina con un applauso in piedi  dalla partecipazione di Cuba e Venezuela, perché le cose non stanno in bianco e nero) che «il Messico è la casa di tutti». Ovviamente meno dei migranti privi di documenti.

Insomma, mentre le parole vanno e vengono, sono mondi di haitiani che attraversano l’America Latina, quale governo umanista che denuncia il neoliberismo e la politica estera degli Stati Uniti gli dirà  che nel loro paese hanno le porte aperte per avere un casa, lavoro e pace? Questo è ciò che i migranti privi di documenti vengono a cercare negli Stati Uniti, indipendentemente dal loro colore. Quale governo democratico latinoamericano dirà a loro che «la mia casa è la tua casa» a questi neri di cui sono così orgogliosi quando parlano della coraggiosa Haiti che si è alzata per eliminare la schiavitù?

O siamo dei cretini che lanciano il sasso e nascondono la mano? Dov’è la devozione a Che Guevara, Martí, Chávez, Monsignor Romero, Evita, Jacobo Árbenz, Salvador Allende, Perón, Las Adelitas, Emiliano Zapata, Mariátegui,  a Sandino? Qual è, allora, l’umanesimo dei grandi difensori della memoria storica latinoamericana adesso che i loro fratelli haitiani ne hanno bisogno? O esistono solo quando gli Stati Uniti li violano alla frontiera? Non si tratta solo di aprire le  frontiere affinché possono passare, questo è lavarsi le mani, si tratta di coinvolgerli , di offrigli  un posto dove vivere, lavorare e avere diritti.

Perché siamo mandriani e un giorno lo spero, il sangue haitiano di Mamma Africa fiorirà in ogni angolo dell’America Latina razzista che oggi le volta le spalle e il creolo venga considerato con orgoglio dai discendenti di coloro che oggi sono umiliati nella strade polverose dell’America Latina dalla mentalità colonizzata.

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Ilka Oliva Corado @ilkaolivacorado

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