Mariela Castañon: continuo a credere  nel giornalismo umano

Mariela riceve il Premio Nazionale di Giornalismo 2017 dalle mani della giornalista Carolina Vásquez Araya

Tradotto da Monica Manicardi

Mariela Castañon è una giornalista che si dedica all’infanzia e alla gioventù dei sobborghi, una delle poche che in Guatemala sentono e fanno loro l’impegno di denunciare l’abuso sistematico che soffrono. Da voce a queste persone invisibili per i diritti umani ma perfettamente visibili per l’abuso. Ho avuto l’opportunità di farle una breve intervista riguardo al tema del Hogar Seguro e sull’indagine nelle denunce di tortura e abuso sessuale che hanno subìto le bambine e gli adolescenti rinchiuse in questo luogo che era a carico del governo. Occorre ricordare che Mariela è stata la prima giornalista a denunciare dal giornale La Hora quello che successe lì, di aver ascoltato tempestivamente le entità relative al femminicidio di 41 bambine l’8 marzo del 2017 non fosse mai successo.

Avresti potuto scegliere un’altra professione, perché il giornalismo dei diritti umani?
Perché la mia intenzione era di dare voce a coloro che non l’hanno, forse è una forma romantica di vedere la realtà, ma io continuo a credere nel giornalismo umano, con un’impostazione fondata sui diritti. Questo giornalismo può contribuire alle società, rivelare una realtà che nessuno vuole vedere, comprendere il contesto di quello che vivono gli esseri umani e cercare di cambiare le realtà. In Guatemala, dove è ancora una sfida conoscere i nostri diritti umani e dargli valore, è necessario questo giornalismo.

Un giornalista deve essere imparziale davanti all’abuso o deve dimostrare sempre da che parte stare?
A mio parere un giornalista non può e non deve essere imparziale davanti ad un abuso, alla violenza, alla ingiustizia e alla disuguaglianza. Essere giornalista è un privilegio perché si può interagire con persone che possono prendere decisioni per cambiare la vita dei concittadini, credo che questa opportunità si trasformi anche in una responsabilità e in obbligo sociale e morale.

Quella guatemalteca è una società dalla doppia morale e completamente insensibile, com’è essere giornalista lottando per i diritti umani in un paese come il Guatemala?
Credo che chi esercita il giornalismo giochi un ruolo molto importante nella nostra società, se la gente è insensibile da una parte siamo responsabili, per non avere educato, non aver toccate le coscienze. E’ per questo, che il nostro lavoro deve essere ogni volta più umano e rispettoso, affinché le nostri società anche loro lo siano.

Ti ho seguito da vicino e le tue pubblicazioni sono sempre orientate sul tema dell’infanzia e della gioventù guatemalteca, abusate ed escluse sistematicamente. Qual è il loro riscatto? Chi annusa colla, le gang di bambini, le bambine abusate sessualmente che vivono nelle periferie, cosa possono offrire alla società? Perché insisti nel darle un posto se facilmente le trattano come la maggioranza: come scorie?
Perchè se aprissimo gli occhi ed il cuore vedremmo la grandezza che c’è in questo ambito della popolazione. Nessuno nasce sniffando colla, nemmeno volendo far parte di una gang, sono le circostanze e le condizioni che portano una persona a questo. Se l’infanzia e la gioventù guatemalteca avessero le opportunità che molti di noi ha avuto non sarebbero così. Ho intervistato a giovani detenuti o che sono a rischio sociale, bambine abusate e violentate e mi sono resa conto che la loro vita sono molto differenti alle nostre quando avevamo la loro età. E’ più facile che qualcuno raggiunga una zona periferica, recluti i bambini e adolescente e gli regali un AK-47, che qualcuno che gli regali una borsa di studio, un piatto di cibo, dolci o un gesto di rispetto e amore. E’ più facile giudicare che capire una situazione di vita.

E’ in pericolo la tua vita costantemente occupandoti del tema della violenza del governo e della polizia all’infanzia e alla gioventù, cos’è che ti mantiene attiva nella denuncia?
Credo che in Guatemala nessuno abbia la vita assicurata, non solo i giornalisti, ma anche i guidatori di bus, i piccoli commercianti, i poliziotti, le persone delle diversità sessuale, le donne, l’infanzia, la gioventù. Ciò che mi mantiene attiva nel denunciare è l’impegno e la responsabilità che acquisisci quando studi questa professione. Dal momento che decisi di studiare giornalismo mio padre mi avvisò dei rischi e andò in panico quando lo informai della mia decisione, ma io sapevo che se studiavo un’altra specializzazione non sarei stata felice come lo sono ora. Amo il giornalismo e credo che assunsi questo impegno e responsabilità per mia propria decisione e questa decisione comporta rischi. Quando non sarà più possibile denunciare o non abbia altra scelta per farlo, preferirei ritirarmi dal giornalismo, perché non starei facendo il mio lavoro.

Come arriva un adolescente ad un centro di detenzione per minori?
Arriva per diversi fattori: mancanza di opportunità, violenza all’interno della famiglia, famiglie disfunzionali, rifiuto e pregiudizi della società.

Com’è la vita di un adolescente medio, rinchiuso in un centro di detenzione giovanile? In che modo provvede lo Stato per il suo reinserimento nella società? Riesce a rispettare gli impegni di base affinché si possa realizzare questo?
E’ difficile perché c’è sovraffollamento, violenza, mancanza di programmi per il suo reinserimento, abusi e pregiudizi. Lo Stato non risponde alle necessità di assistenza e reinserimento perché non è nemmeno preparato per questo, per esempio per citare solo un aspetto, la quantità di spazio nei quattro penitenziari è limitata e esiste una burocrazia per realizzare nuovi progetti. Storicamente l’improvvisazione dei governi non ha permesso la sistemazione di persone idonee negli incarichi, promuovere politiche integrali per occuparsi dell’infanzia e della gioventù a rischio e in conflitto con la legge penale.

Perchè scappano costantemente gli adolescenti di questi centri di detenzione giovanili? Cos’è che denunciano, cos’è che vogliono e come si comporta il Ministero Pubblico davanti a queste denunce?
Nei centri dove ci sono giovani in conflitto con la legge penale di solito non scappano. Da dove scappano sono i luoghi di protezione e rifugi. Quello che denunciano è la violenza, fisica, sessuale e psicologica. Per esempio, da una casa nella città di San Cristobàl annessa al Hogar Seguro Virgen de la Asunciòn, hanno denunciato che i loro “educatori” li picchiavano con un tubo, hanno provocato le convulsioni ad un bambino per averlo colpito tanto o per buttare i loro berretti nell’immondizia. In un’altra casa annessa al Hogar, nella zona 15, hanno detto che un “educatore” ha lanciato un panino in faccia ad un bambino e in un altra occasione un adolescente ha detto che scappava perché lo volevano violentare sessualmente. Si suppone che il Ministero Pubblico ha già alcune denunce e le sta controllando.

Hai seguito i casi di giovani che recuperano la loro libertà o scappano, com’è la vita di loro fuori dal centro di detenzione giovanile?
Nel caso dei giovani detenuti, molte volte sono recidivi per mancanza di opportunità, pregiudizio e rifiuto. Alcuni anni fa ho conosciuto un giovane che recuperò la sua libertà dopo essere stato condannato per spaccio di droga, quando uscì dal carcere incominciò a vendere dolci, ma il guadagno che otteneva era insufficiente per mangiare e nessuno ha voluto dargli lavoro perché era stato in carcere. Un giorno è stato preso in un taxi per trasportare un’arma da fuoco illegalmente. Nel caso dei giovani che scappano dalle case protette ho conosciuto alcuni casi, ci sono bambini che dopo essere scappati dal Hogar Seguro preferiscono rimanere a vivere per strada, oggi dormono sotto la passerella della via pubblica. Ma ci sono anche storie diverse, conosco una ragazzina che adesso studia per la maturità perché nell’Hogar Seguro non ha potuto progredire molto nella sua formazione accademica, sta cercando un lavoro e provando a ricostruirsi una vita con sua madre.

Il tema delle bambine e delle adolescenti del Hogar Seguro Virgen de la Asunciòn, è uscita allo scoperto l’8 di marzo 2017 quando furono bruciate vive. Ma tu avevi già denunciato dal 2015 l’abuso sessuale che loro stavano vivendo. Che autorità prestarono attenzione alla tua denuncia e alla denuncia di loro? Che controllo è stato fatto?
Nel 2016, ad esempio il Gruppo di Appoggio Mutuo (GAM) senza essere una organizzazione d’infanzia ha presentato una denuncia al Ministero Pubblico per il traffico di persone, altrettanto al Procuratorato dei Diritti Umani (PDH). Le denunce di queste entità furono prese in considerazione dal Ministero Pubblico (PM) , ma continuano ad indagare in merito.

Cosa è successo dopo l’8 marzo 2017, ho sentito che l’Hogar Seguro lo chiusero e le bambine collocate in case private? Nel tuo reportage del 4 agosto nel giornale La Hora parli di abusi sessuali. Potresti condividere cosa hanno denunciato le bambine sopravvissute?
Sì, dopo la decisione della Sala della Corte d’Appello dell’Infanzia e Adolescenza, le bambine del Hogar furono trasferite in complessi residenziali, altri stavano in abitazioni private. Coloro che stanno nelle case private a carico della Segreteria di Benessere Sociale della Presidenza, continuano a denunciare le stesse cose da quando stavano nell’Hogar Seguro:maltrattamento e violenze. Sul reportage pubblicato il 4 agosto, adolescenti che vivono fuori e madri di loro hanno denunciato che le minorenni sono state oggetto di traffico di persone nella modalità di sfruttamento sessuale in due modi: erano trasferite nelle case chiuse e altre erano aggredite dentro a l’Hogar, inoltre affinché si tranquillizzassero le applicavano un medicamento per mezzo di “vaccini” “vaccini di vacca” e “la dormigliona” che provocava il sonno. Il caso continua ad essere in esame da parte del Ministero Pubblico.

Qual è stata la reazione ed il procedimento del Ministero Pubblico davanti a queste denunce?
L’indagine continua, al momento no ha trovato prove e tracce che sostengano le dichiarazioni degli adolescenti. L’accusa contro il traffico di persone dice che chiuderà l’indagine fino a quando non troverà le tre bambine che sono scomparse dall’Hogar Seguro prima dell’incendio del 8 marzo del 2017.

Cos’è che deve sapere la società rispetto al tema dell’abuso sessuale nel Hogar Seguro?
Ha bisogno di conoscere la realtà di quello che è successo da quando è stato aperto l’Hogar Seguro, nel giugno del 2010.
Cosa hai provato quando hai saputo la notizia del femminicidio nel Hogar Seguro, era qualcosa che doveva succedere?
Non avrei mai immaginato che morissero e tanto meno in questo modo, avevo la speranza che chiudessero l’Hogar Seguro dopo che il Consiglio Nazionale di Adozioni che è incaricato di verificare le abitazioni pubbliche e private, ha raccomandato la chiusura graduale. Ho pensato che ci fosse un’altra alternativa per la vita delle bambine e dei bambini, ma non è successo. Quello che ho provato è frustrazione, impotenza, dolore, perché nessuno ha ascoltato tempestivamente le denunce dei maltrattamenti, della violenza fisica, psicologica e sessuale. E’ stato difficile perché quindici giorni prima dell’incendio avevo pubblicato un altro reportage col titolo “il dramma dell’infanzia e adolescenza del Hogar Seguro, non ha risonanza nello Stato” e precisamente si spiegava la passività dello Stato per agire difronte a tante denunce.

Che cosa si aspetta una giornalista come Mariela Castañon dagli enti relativi alla società?
Nel caso del Hogar Seguro, spero in una indagine indipendente. Recentemente mi ha spiegato Otto Rivera, dell’organizzazione Ciprodeni, che si potrebbe intraprendere un’indagine a carico degli enti internazionali con l’attenzione all’infanzia, con l’appoggio della società civile guatemalteca, affinché chiarisca quello che è successo e si deducano responsabilità, che nessun delitto rimanga impunito.

Perché continuare con il tema dei diritti umani, sicurezza e giustizia, perché insistere in qualcosa che non farà reagire una società addormentata come quella guatemalteca?
Perché credo che l’impegno di dare voce a coloro che ne hanno bisogno lo meriti.

C’è qualche speranza? Forse speri che le tue denunce facciano pagare i colpevoli per gli abusi così stanno conducendo i vertici del terrore dal governo nel paese?
Nonostante tutto, sì ho delle speranze. L’Hogar Seguro è stata una battaglia persa per me, ma in altri casi sì, si è raggiunto qualcosa, per esempio, nei casi di violenza sessuale di bambine e donne nel Preventivo della zona 18, nei trasporti illegali di prigionieri c’è stata investigazione. Altri piccoli dettagli che non mi fanno perdere la speranza, sono la solidarietà ed empatia di molte persone che hanno aiutato almeno a risolvere le necessità basiche delle famiglie colpite dalla violenza.

Sono simili i casi nel Preventivo con l’Hogar Seguro? Cosa è successo con le bambine e le donne di cui hai citato?
Nel caso delle bambine del Hogar Seguro, alcune di loro adesso maggiorenni, stanno provando a ricostruire la loro vita con le proprie famiglie. Conosco una madre di una di queste bambine che è stata da supporto a sua figlia. Dei casi del Preventivo della zona 18 non ho conosciuto molto delle vittime la causa dei rischi per loro e per me.

E nel caso dei prigionieri, potresti spiegare con più dettagli?
Nel caso dei prigionieri c’è stata una sentenza di condanna contro coloro che hanno partecipato nelle violenze di massa. Alcuni già avevano molti anni di carcere per altri delitti.

Da 10 anni fai la giornalista dei diritti umani, che cosa sogna Mariela per nell’immediato futuro? Che piani hai per il giornalismo?
Mi piacerebbe scrivere un libro che comprenda tutta la garanzia di quello che ho fatto del Hogar Seguro, in questo non voglio unicamente denunciare, ma contribuire. Seguire il caso del Hogar Seguro mi ha permesso di conoscere i diritti dell’infanzia, i rischi dell’istituzionalizzazione, il danno irreparabile della violenza nella vita dell’infanzia.

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Ilka Oliva Corado @ilkaolivacorado

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