Le ore di sole

Tradotto da Monica Manicardi

Cayetana accende i fornelli e inizia a scaldare il cibo che metterà nei contenitori per il pranzo, sono le quattro del mattino. Riempie d’acqua bottiglie di plastica da cinque litri e mezzo che sono quelle che berrà nella sua giornata di lavoro. Nel suo porta pranzo mette un pacchetto di tortillas calde che ha avvolto in un foglio di alluminio e legato in due sacchetti di plastica. Controlla se c’è tutto: il contenitore del riso, le uova strapazzate, i fagioli fritti e le tortillas. Si mette le ginocchiere, i pantaloni, il maglione, la giacca e i suoi stivali tipo Caterpillar. Nello zaino porta i guanti, la sciarpa con cui si coprirà il viso e il cappello.

Lascia l’appartamento che condivide con altre otto persone, tutte prive di documenti come lei. All’angolo del palazzo viene prelevata da un collega di lavoro che le fa pagare venti dollari per accompagnarla, lei preferisce pagare il trasporto e non prendere il treno o l’autobus perché perde più tempo e quello che le serve sono più ore di lavoro perché vuole sistemarsi per costruirsi la casa nel suo villaggio natale di La Palmilla, Usumatlán, Zacapa, Guatemala. Ecco perché lavora dal lunedì alla domenica.

Arriva appena in tempo al campo alle cinque e mezza del mattino, da ventidue anni taglia ravanelli, tutto il giorno in ginocchio, ricevendo le ore di sole sulla schiena curva. Per quanto si lavi le mani e sia dia la crema nelle punta delle dita sono screpolate e i solchi della terra le fanno ingiallire le unghie, qualsiasi persona di città penserebbe che si trascuri e che abbia le unghie sporche e non che sia dovuto per le lunghe ore di lavoro nei campi.

Ogni quattro ore si mette la crema solare sul viso, si mette la sciarpa e il cappello, ma il vapore della terra calda penetra dappertutto, le macchie sul suo viso sono rimaste permanentemente. Soffre di forti dolori al ginocchio e alla schiena oltre all’insolazione che fa parte dei rischi della giornata lavorativa. Ha appena trentanove anni, ma sembra una donna di vent’anni più grande. Non ha potuto curarsi il mal di denti perché andare dal dentista è molto costoso, preferisce non rovinare le rimesse e che i suoi quattro figli nel suo paese di origine finiscano l’università. Per alleviare momentaneamente il dolore, succhia un batuffolo di cotone con alcol, morde i chiodi di garofano e fa risciacqui con acqua e sale.

È già riuscita a recuperare gli atti del terreno della casa dei suoi genitori, che l’avevano impegnata affinché un usuraio desse loro i soldi per pagare il coyote per farla emigrare, soldi che rimasero anche per prendersi cura dei quattro figli. Da Zacapa gli mandano pacchi di unguenti per alleviare il dolore al ginocchio e alla schiena, andare in clinica è impossibile, sono troppi soldi e lei non li ha.

Cayetana sogna il giorno del suo ritorno, di avere una casa propria e una sua attività, perché l’ultima cosa che vuole è tornare a lavorare come bracciante nelle fattorie di meloni, peperoni, angurie, tabacco, uva e loroco, come faceva da quando era bambina. Spera che il suo ritorno sia diverso e che le rimangano le forze per lavorare altri dieci anni negli Stati Uniti e risparmiare abbastanza per non mettere mai più piede nella sua vita in un solco che no sia di sua proprietà che intende acquistare per trascorrere gli ultimi anni della sua vita nella fertile pianura, godendosi l’imponente Sierra de las Minas.

Quelle sono le sue illusioni di mezzogiorno quando il sole cocente della California appassisce le foglie sui filari di ravanelli e il vapore della terra brucia le piante dei suoi piedi. Ma Cayetana si rifiuta di smettere di sognare, di illudersi, perché se si arrende per un secondo alla realtà sarà perduta, gioca a immaginare i pali di papaia, i solchi di grano, l’ombra degli guayacane, le mani dei suoi genitori, gli abbracci dei suoi figli, pensa alle acque del fiume Motagua, al sapore delle quesadillas di riso e all’appezzamento nella fertile pianura, alla sua casa con un corridoio e un’amaca, al forcone con una brocca d’acqua accanto alla stanza della cucina. Cayetana viaggia nel tempo, perché per lei è meglio sognare e sperare che prestare attenzione al dolore alla schiena alle ginocchia e al bruciore della punta delle dita, al dolore dei denti e al vuoto che sente nel suo cuore per non aver visto crescere i suoi figli.

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Ilka Oliva-Corado @ilkaolivacorado

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