I petali dei fiori

Tradotto da Monica Manicardi

Capitalino si siede all’ombra di un albero di lillà mentre l’auto successiva esce dall’autolavaggio automatico, il suo compito è asciugare le auto con un asciugamano umido. Sono appena le tre del pomeriggio, lavora dodici ore al giorno, dalle sette del mattino alle sette di sera, dal lunedì alla domenica, un lavoro che fa da ventuno anni. Il profumo dei lillà in primavera lo fa viaggiare  nel tempo, anche se non è un fiore che cresce nella sua città natale La Magdalena, Chalchuapa, Santa Ana, El Salvador, il fiore lo riporta alla sua infanzia e al ricordo del giardino di sua madre  pieno di fiori ed erbe aromatiche. Quell’albero di lillà per Capitalino è un rifugio non solo per le giornate di sole, ma anche per la sua anima.

Ha i reumatismi alle mani per il continuo cambiamento di temperatura e per gli asciugamani che usa al lavoro, d’inverno le temperature sono sotto lo zero e gli asciugamani quasi gelidi gli intorpidiscono le mani, d’estate il caldo è insopportabile e il sudore gocciola  su tutto il suo corpo, ma nonostante tutto, Capitalino pensa che stia meglio lì, pur essendo senza documenti, che lavorare nel taglio del legname come facevo prima. Perché nel taglio del legname, ricorda di essere stato trattato peggio di un animale da soma, rovinandosi le  braccia e la schiena curvata per aver lavorato così tanto  tagliando il legno con il machete. Una parte se li metteva  sulle spalle e i fichi d’india gli hanno provocato lacerazioni sulla pelle.

Non può beneficiare dello Status Protetto Temporaneo che gli Stati Uniti conferiscono ai salvadoregni perché quando è entrato  da indocumentato dalla sponda del Rio Bravo,  lo ha catturato la migrazione, gli ha dato un appuntamento per andare in tribunale e per paura  non si è mai presentato, così non ha potuto sistemare   la sua situazione legale nel paese. Inoltre non guida per paura che  la polizia  lo fermi che si accorga che ha una causa in corso e che lo arrestino. Per questo usa sempre la bicicletta indipendentemente dal tempo. In poche parole, Capitalino non ha vita, va dalla casa al lavoro e dal lavoro alla casa. Affitta un seminterrato di una casa con altri 13 uomini, tutti privi di documenti, dorme dove trova spazio quando torna a casa dal lavoro e non ha altro che un materasso e quattro cambi di vestiti.

Capitalino non è un uomo qualunque, paragona i petali dei fiori alle labbra degli uomini che vorrebbe baciare e di cui si è innamorato in silenzio. Nel suo cantone doveva sempre recitare, fingere di essere un’altra persona, fin da  bambino e questo accentuò la sua timidezza. Finché l’amore arrivò senza preavviso e si innamorò perdutamente di un altro lavoratore della fattoria, il quale quando Capitalino si fece coraggio e si avvicinò timidamente e gli toccò la mano un pomeriggio mentre stavano tutti facendo il bagno nel fiume, lo picchiò  e lo umiliò davanti agli altri. Dopo averlo scoperto, la sua famiglia lo cacciò di casa. Dopo aver pensato al suicidio  Capitalino decise di emigrare, così partì senza soldi e senza coyote, un trattorista della fattoria lo raccomandò  ai camionisti che portavano legname nei vari posti del paese e questi lo raccomandarono ad altri e così arrivò alla frontiera con gli Stati Uniti.

Ha 44 anni e non ha mai baciato la bocca di un uomo, i suoi colleghi gli dicono se è matto o cosa, perché accarezza così delicatamente i petali dei fiori, ma non sanno che per Capitalino quei petali sono l’unica tenerezza che ha avuto nella sua vita.

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Ilka Oliva-Corado @ilkaolivacorado

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