Sempre di meno

Tradotto da Monica Manicardi

Le uniche volte in cui Caya de nía Chenta ha sentito il rumore degli zoccoli dei cavalli sul selciato era di notte mentre faceva compagnia alla signora della farmacia quando i suoi figli stavano andando in gita nella capitale, chiedendo  un favore a nía Chenta affinché rimanesse a dormire con lei mentre tornavano. Fu così che  Caya sentì il rumore dell’acqua potabile che scorreva attraverso il tubo in pvc, vide in quella casa  per la prima volta anche un wc,  un lavandino e un frigorifero. Un ferro da stiro elettrico, una televisione con telecomando e un asciugacapelli.

Com’era diverso il suono del paese da quello del suo villaggio che si perdeva tra le colline, dove non c’era acqua potabile, né elettricità. Mentre le ragazze del paese andavano a scuola, Caya doveva  portare l’acqua alla sorgente che distava sei chilometri da casa sua, prendeva due muli e dieci vasi, quattro su ogni mulo e due li  portava lei, uno in testa e uno in vita. Tutto ciò  alle quattro del mattino per tornare appena si faceva giorno, metteva  a bollire il mais, lo macinava nel mulino a mano per fare  le tortillas  per portare la colazione a suo padre e ai suoi fratelli che facevano i facchini  in una fattoria.

Sua madre  mentre si prendeva cura dei suoi tre fratellini, due gemelli di due mesi e la sorella di tre anni e Caya aveva nove anni più di lei,  le insegnò a fare le quesadillas e il pane di riso, marquesote e semitas che li vendeva al paese per potersi comprare il sale, l’olio, il gas per la lampada, il sapone, le batterie per la radio, zucchero e calce per cuocere il mais. Fu in una di queste vendite che  conobbe la signora della farmacia, la quale le suggerì anche di comprare del latte e fare del formaggio e della panna da vendere, che se avesse voluto lo poteva proporre in farmacia. Ogni volta che andava in paese a vendere, Caya restava ad aiutare la signora a pulire la casa, in cambio le dava dei soldi per qualche giorno e altri le dava provviste, dei vestiti usati, delle scarpe che i suoi figli non usavano più  per darli ai suoi fratelli. Nel giorno del suo compleanno le regalò una macchina da cucire usata, le disse che poteva comprare dei pezzi di tela per farci grembiuli, borse di stoffa e rammendare roba e che poteva rimanere lì in casa sua cucendo perché poteva usare la luce elettrica. Fu così che Caya de nìa Chenta apprese il mestiere di sartoria che l’aiutò  molto per dare denaro ai suoi genitori che li vedeva pochissimo e mentre puliva la casa della signora andava a vendere le quesadillas, il formaggio e la panna e si occupava della macchina da cucire.

Una notte che rimase a dormire a casa della signora della farmacia le successe una disgrazia, uno dei figli maggiori tornò dalla capitale e abusò di lei mentre dormiva, le coprì la bocca perché non urlasse e la minacciò che se avesse detto qualcosa avrebbe detto  in città che era stata lei a cercarlo,  ed essendo lui un uomo, non poteva dire di no.  Caya de nìa Chenta rimase incinta all’età di 12 anni, quando lo ha spiegato ai suoi genitori, non le hanno creduto, né la signora della farmacia che l’ha incolpata di abuso di fiducia, dicendole come osava lei essendo una domestica voltarsi per vedere i suoi figli, le ha rinfacciato l’aiuto, la macchina da cucire e le scarpe usate che le diede per i fratelli. I suoi genitori la cacciarono  di casa, le dissero che era un vergogna per la famiglia e un cattivo esempio per la sorella minore; Caya incinta di tre mesi lasciò il suo villaggio ad Ahuachapán, El Salvador e ha attraversò il confine con il Guatemala, nello Jalpatagua cercò lavoro nei negozi, bussò alle porte delle case, nei magazzini del grano e trovò lavoro facendo pulizie in una caffetteria.

 Non ricorda le volte in cui il proprietario l’ha abusata e minacciata che se avesse detto qualcosa a sua moglie l’avrebbe buttata fuori;  lì, nella caffetteria aveva partorito sua figlia e  due mesi dopo quando  sentiva la forza di camminare ha lasciato quel posto, si è fermata in mezzo alla strada con la figlia in braccio fermando camion per  chiedere di essere portata nella capitale, non aveva soldi, di camion in camion ha raggiunto il confine tra Messico e Guatemala, su quella strada ha incontrato ingratitudine, perché senza soldi l’unica forma di pagamento era il suo corpo, nessuno si offrì di farla salire se non le avesse dato  qualcosa in cambio e allo stesso modo attraversò il Messico in camion con sua figlia in braccio,  arrivando negli Stati Uniti dopo aver attraversato la linea ferroviaria tra Sonora e Arizona, 25 anni fa.

Caya mette a bollire l’acqua in un pentolino, della misura giusta per tre tazzine di caffè, non si abitua al caffè istantaneo o alle macchine elettriche, deve bere il suo caffè bollito. Ha cambiato nome, da quando è arrivata nel paese ha detto che si chiamava María, la chiamano Marry, non voleva tenere alcun ricordo della famiglia che l’ha cacciata, nemmeno il suo nome. Da 22 anni lavora come sarta  in una lavanderia, vive in un appartamento che condivide con la figlia Nuria e il nipote Paco il quale dei tre è l’unico con i documenti perché cittadino statunitense, è in scuola elementare. Né sua figlia né suo nipote conoscono la sua storia o il motivo per cui è emigrata, non conoscono i parenti della madre e della nonna, sanno solo che è salvadoregna e che quando le manca il suo paese fa le quesadillas e il pane di riso che accompagna con il caffè bollito, ma  sempre  di meno.

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Ilka Oliva-Corado @ilkaolivacorado

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