Guatemala: il silenzio che uccide

Tradotto da Monica Manicardi

Da generazioni ci è stato detto, fin dalle post-dittature, che le mosche non entrano nelle bocche chiuse, quindi ci abbandoniamo  e siamo così sfacciati, perché non si tratta della paura di ciò che hanno vissuto i nostri nonni nelle dittature, ma di voltarsi a guardare dall’altra parte quando la violenza la vivono le popolazioni originarie che sono sempre state viste come facchini al servizio dei meticci urbani. I più abbattuti, i poveri, gli sfruttati fino a fargli scoppiare la pelle, quelli uccisi in massa.


Se ci sono persone che sono state aggredite nella storia dell’America Latina, sono i popoli nativi, che sono sopravvissuti a genocidi per 500 anni nonostante ciò; la sua resistenza è superiore a qualsiasi carta universitaria e alla strada asfaltata.

Sono stati più volte traditi dal meticcio umanista che con il suo silenzio copre ogni atto di violenza perpetrato dal governo che, con i suoi tentacoli di oppressione, criminalizza ogni manifestazione di denuncia e di resistenza compiuta dai popoli indigeni.

Il governo gli toglie il diritto all’istruzione, alla salute, a una vita integrale, li costringono a essere i garzoni del più vile proprietario terriero e fino al più affamato meticcio che in cambio di una miseria li tengono per pulire le loro case e prendersi cura dei loro figli. Perché sono, insieme ai neri, gli ultimi della fila, quelli che portano sulle spalle tutti i mali della società immorale e traditrice che si sente a proprio agio sulla dignità di coloro che  continuano a vedere davanti a sé, anche se scorre  sangue dalle loro tempie e hanno i piedi rotti.


Quelle mani sono ancora quelle che costruiscono, quelle che solidarizzano, continuano ad essere quegli occhi che nonostante il pianto intravedono le albe di lotta e resistenza che un meticcio non potrà mai eguagliare.  Sono loro che conoscono la terra e il suo fascino, la voce delle montagne e la tempesta del mare, sono loro che conoscono la saggezza dei fiumi e la nobiltà dei vulcani. Sono loro che conoscono l’immensità della pioggia e la purezza del petalo dei fiori di campo.

Noi, i mediocri, gli arroganti, i meticci urbani, siamo il tradimento, il silenzio che uccide quando la violenza del governo si sovrappone e ci voltiamo dall’altra parte perché la luce che emana dai cuori dei popoli originari ci costringe a nasconderci, essendo così piccoli e codardi di fronte a tanto coraggio, resistenza e dignità di chi combatte da più di 500 anni. I titoli universitari li possiamo nascondere sotto ai letti, che non hanno posto quando si tratta di lotta e integrità, perché per questo abbiamo l’esempio degli insegnanti di insegnanti, che senza sapere leggere o scrivere ci insegnano a difendere la terra e la vita uniti nella solidarietà. Ma noi siamo bravi, ma per il tradimento e per il silenzio che uccide come quando si spara un proiettile, abbiamo anche le nostre mani  macchiate di sangue, perché in fin dei conti in questa società di maschere, nessuno può nascondere la croce della propria parrocchia.

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Ilka Oliva Corado @ilkaolivacorado

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