L’uomo assiro e le mie bacchette di bambù

Tradotto da Monica Manicardi

Sto cercando bastoncini di bambù per legare i fusti dei girasoli che stanno crescendo e già cominciano a piegarsi, cammino tra gli scaffali pieni di fioriere di una varietà estive, colori di fiori di fuoco, gialli di varie sfumature e i verdi delle foglie che vanno dal verde bottiglia al verde avocado. Dalle sfumature della pitaya ai fucsia, agli arancioni brillanti. Gli anziani vengono assunti temporaneamente per prendersi cura dei fiori di stagione; si vedono che li innaffiano, che rimuovono le foglie secche e li mettono con cura sugli scaffali. I giovani sono nell’area della terra e concimi, trasportando i sacchi posizionandoli nei carrelli degli acquirenti.

Il sole è al massimo, è mezzogiorno e il caldo di giugno è torrido, non è ancora ufficialmente estate ma il tempo si è lasciato alle spalle le fredde giornate invernali che fino agli ultimi giorni di maggio hanno resistito. Vado nella zona delle ciotole e fioriere, altro paesaggio affascinante, ci sono quelli economici che sono di plastica fino a salire di prezzo  quelli fatti a mano che costano uno stipendio e mezzo. Le dimensioni variano per lasciare spazio alla fantasia: un enorme contenitore pieno di fiori per morti, o i fiori che sbocciano alle dieci del mattino, uno azzurro sormontato da girasoli. Un altro rosso con fiori arancioni e gialli. È un viaggio, andare ai vivai è viaggiare in un altro mondo, nella purezza, nel mondo della natura che sempre ci insegna che siamo così insignificanti rispetto all’immensità della sua bellezza e resistenza.

Trovo le bacchette di bambù, è che sono più economiche di quelle di plastica e sembrano così belle mentre sostengono gli steli dei girasoli. Ma non hanno prezzo, accanto a me c’è un signore europeo che parla con un altra impiegata di colore, li interrompo e chiedo a  loro il prezzo, subito l’uomo tira fuori il suo dispositivo e scansiona l’etichetta e mi dice il prezzo: quattro dollari e novantanove centesimi la confezione da sei bacchette. L’impiegata di colore va su un altro scaffale e l’uomo resta a parlare con me, quando ascolta il mio  inglese con accento latino americano,  mi parla subito in spagnolo e si presenta: molto piacere sono il signor  tal dei tali.

Stupita, gli chiedo se parla spagnolo e mi dice di si che lo  ha imparato nei suoi lavori precedenti. Lui mi  chiede da dove vengo e io gli dico dal Guatemala, quando sente il nome sospira e mi dice che aveva un capo guatemalteco quando lavorava in una azienda di televisioni, oggi sono qui, mi dice, in questo vivaio, ma ho un lavoro. Certo, questa è la cosa importante, gli dico per incoraggiarlo. Io sono assiro, mi racconta, ed io lo ascolto e gli dico che ho letto del suo paese, ma lui mi risponde che no no, ora non è più un paese. No? gli chiedo. La Siria non è un paese? Beh, la Siria sì, ma io sono assiro, e lui cerca nel suo cellulare in internet e mi mostra l’Assiria.

Lo noto nervoso, cerca con lo sguardo che i suoi superiori non lo vedano parlare senza fare nulla. Se vuole possiamo camminare tra gli scaffali, gli dico, così se lo vedono penseranno che mi sta mostrando qualcosa. Il suo viso si illumina e comincia a camminare. Ho ancora 15 minuti, sono in orario di lavoro e devo tornare presto ma noto il suo bisogno di esprimersi e ha trovato in me un canale ricevente per farlo, per me non è difficile  condividere quel tempo con lui. L’Assiria, mi torna a  ripetere e diventa una matassa di lana che si srotola, mi racconta del cristianesimo, della Grecia antica, di come  vivevano 700 anni fa, che sono sparsi per il mondo, che ora il popolo assiro è diffuso nel mondo. Come gli armeni, gli dico, che hanno vissuto il genocidio turco e ora sono sparsi in tutto il mondo, il suo viso sorpreso dalla gioia dà continuità alla conversazione, è così, mi dice, e mi racconta della grande Mesopotamia, con la preoccupazione e il fascino di uno storico. È un uomo smilzo, estremamente magro, circa 160 cm  di altezza, calvo, con pochi capelli biondi, vestito con jeans e camicia a quadri con le maniche rimboccate.

Continuiamo a camminare lungo gli scaffali, adoro parlare con persone come lui, gli dico, così intelligente, sorridente,  anche a me,  risponde lui. E la matassa continua a dipanarsi e io lo ascolto affascinata, è un’esondazione, la storia della sua gente esce dai suoi pori, ogni volta che parlo mi legge sulle labbra e io parlo più piano perché possa capire lo spagnolo, anche lui lo parla lentamente come per controllare le parole, come se le cercasse nella sua memoria per ordinarle e poter parlare. Facciamo il giro del vivaio e lo saluto, i miei 15 minuti di tempo sono scaduti e voglio dargli il mio numero di telefono così che un giorno possiamo incontrarci per prendere un caffè e parlare del suo popolo, delle migrazioni degli assiri, degli armeni, dell’antica Grecia, del Medio Oriente, di musulmani e cristiani e tutte quelle guerre secolari che ha sulla punta della lingua. Ma ho la sfortuna che ogni volta che do il mio numero di telefono a un uomo in situazioni come questa, pensi che voglia andare a letto con lui, quindi lo saluto con la voglia di continuare la conversazione.

Mi avvio verso la cassa per pagare i bastoncini di bambù, lui mi chiede  se posso andare sul sito del vivaio e parlare del suo lavoro, di come mi ha trattato, mi  indica il suo nome sulla maglietta, gli dico di sì con grande piacere. Sto sempre qua, in questa area, sempre,  torni un giorno e continueremo a parlare, mi urla per ultimo. Certo che sì, gli rispondo. Pago alla cassa ed esco con i miei bastoncini di bambù e una nuova conoscenza degli assiri di cui non avevo la minima idea. Aprire l’anima e il cuore al bisogno di espressione di chi grida per essere ascoltato, è qualcosa che tutti gli esseri umani dovrebbero praticare, ci sorprenderemmo delle cose che impareremmo dagli altri.

Questo testo può essere condiviso in qualsiasi blog o social network citanto la fonte di informazione  URL:  https://cronicasdeunainquilina.com

Ilka Oliva Corado @ilkaolivacorado

Deja un comentario

Este sitio usa Akismet para reducir el spam. Aprende cómo se procesan los datos de tus comentarios.