L’anno della pandemia

Tradotto da Monica Manicardi

Molti hanno definito questo anno 2020 come un anno maledetto, a causa del virus. Ma è soltanto uno dei tanti che esistono, non è l’unico che uccide, uccide più persone ad esempio, la insensibilità. Girarsi dall’altra parte e fingere di ignorare quello che ci colpisce in pieno: il razzismo, il classismo e l’oblio. Ci chiudiamo in un guscio sottochiave perché tutto ciò che succede fuori, quello che vivono gli altri non ci interessa. Per questo vediamo tanti bambini che vivono in strada e lì  muoiono senza  provocare in noi  spavento, sofferenza, tanto meno l’indignazione che ci faccia agire.

All’improvviso questo virus è arrivato per graffiare un poco i nostri gusci, da qualche parte si è portato via alcuni dei nostri cari, forse persone che come noi si sono girati dall’altra parte quando avrebbero dovuto aiutare gli altri; morire o morire a causa del virus non li rende più nobili dopo la morte. Ma noi li santifichiamo perché questo maledetto virus se li ha portati via. E che dire della fame che vivono da chi fa delle discariche la propria casa? Perché non ci turbiamo quando intere famiglie muoiono a causa di una valanga tra i vulcani della spazzatura? Sostanzialmente, in quale momento abbiamo permesso che questo succedesse? Che le discariche siano  abitazioni di tante famiglie,  intere città…

La pandemia, una delle tante. Perché non ci ha addolorato come ci ha addolorato il 2020, il traffico dei bambini, bambine, adolescenti e donne per scopi  di sfruttamento sessuale? Questo è palpabile, visibile, sono ad ogni angolo non li possiamo ignorare. O sarà  come il virus, fino a quando non tocca uno di noi? Allora e solo allora renderemo visibile quello che abbiamo rifiutato perché non erano affari nostri e ci renderemo conto che saremo soli perché gli altri fingeranno di non vedere perché come lo facciamo oggi, non saranno affari loro. E’ il seme del patriarcato e della meschinità.

Questo virus ha tirato fuori il peggio di noi, è stata solo un’opportunità per mostrarci come siamo in realtà, per esempio:  persone con il proprio cellulare che vanno in ospedale, fanno fotografie ad altri pazienti che sono in terapia intensiva, le pubblicano sui social mostrando la gravità della malattia.  Perché non fanno foto ai loro coglioni se non hanno niente da fare? Eppure mostrano gli altri. E lo hanno fatto gli infermieri, i dottori, i pazienti, ciò significa che anche chi ha un livello  superiore scolastico non debba avere rispetto della privacy degli altri.

E che dire di coloro che fanno foto agli adulti della propria famiglia che sono a letto molto gravi e le pubblicano nei social. Perché cadere così in basso? E peggio ancora, quelli che hanno il virus che non li ha colpiti duramente, si approfittano e si espongono facendosi foto spettinati, sporchi da una settimana, trasandati da otto giorni e le pubblicano sui social dicendo che sono sopravvissuti dal Covid. Quando in realtà una persona ammalata grave non può nemmeno muovere un dito. Questo è mancanza di rispetto per tutta la gente che è morta e che è grave per il virus. Ma questa è la coerenza umana: di bassa lega, schifosa.

La bellezza che abbiamo potuto vedere sono stati i popoli indigeni donando i loro raccolti, arrivando nei villaggi con camion pieni di verdura e frutta per sfamare  intere famiglie. Mentre in atri villaggi la gente usciva con bandiere bianche chiedendo assistenza e quelli che potevano aiutarli si chiudevano sottochiave nelle loro comode case, pubblicando foto nelle reti sociali di abbondante cibo, di vini costosi e caminetti fumanti mentre ricordavano con nostalgia i loro viaggi nel mondo. Molti di loro oggi piangono la morte di una persona cara, ma nonostante il dolore non si degnano di aiutare  chi ha bisogno perché i soldi, l’avarizia e l’egoismo regolano le loro vite. Invece dove il raccolto abbondava ed è stata donato, il dolore di uno  era il dolore di tutti.

Non è stato un anno maledetto, nemmeno il virus è maledetto, gli incoerenti siamo noi che è dovuto presentarsi un virus per  scoprire in faccia la gentaglia che siamo e mostrarci la nostra miseria umana che è priva di valori, di parola e di azione. Perchè di fame vivono milioni nel mondo, e proprio lì vicino a noi ci sono interi popoli affamati e non è un virus del momento, la fame si può curare, può essere eliminata, anche la denutrizione infantile cronica, non serve un miracolo né un vaccino, c’è bisogno di dignità, indignazione, solidarietà.

I famosi disastri naturali non sono naturali, si possono evitare perché sono causati da tutto il male che abbiamo fatto al pianeta, e i politici devono intervenire, ma anche noi come società. Perché il minimo che si possa fare o rimanere passivi, ci riguarda. Per non spingerci oltre quest’anno, milioni di mascherine rimarranno nel mare. Tuttavia, né l’anno né il virus sono maledetti.

Il 2020 dovrebbe essere l’anno in cui l’umanità ha iniziato a rigenerarsi, ha iniziato a prendere coscienza del danno che ha fatto a se stessa, al pianeta e ad altri esseri viventi. Ma non è così e non lo sarà e potranno arrivare oltre mille virus, portarsi via famiglie intere che noi non impareremo, perché l’egoismo,  la presunzione, l’insensibilità e la mediocrità è nel DNA  che abbiamo dentro.

Sembrano di un un altro pianeta, naturalmente,  quelli che danno una mano,  condividono un pezzo di cibo, donano i loro prodotti e provano come propria la tragedia altrui. E non hanno grandi mansioni, né camini fumanti, vini cari, viaggi intorno al mondo né master, né lauree.  E’ la gente comune, in molti casi anche quella più esclusa e povera. E’ il popolo. Continuano a darci lezione che non si tratta di avere ma di volontà. Per loro la speranza di un mondo migliore non è ancora estirpata alla radice. E le anime che si rifiutano di smettere di sognare continueranno a credere in una primavera di abbondanti germogli.

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Ilka Oliva Corado @ilkaolivacorado

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