L’allegria dei popoli dignitosi

Tradotto da Monica Manicardi

Arriva un momento in cui l’abuso e l’ingiustizia stancano le popolazioni e li fanno  indignare, è così che cominciano a cercare la libertà e la democrazia. Alcuni impiegano più tempo di altri, ognuno con i suoi metodi e la sua storia ma se si uniscono riescono a vincere l’impunità e ogni forma di dittatura. Sono casi rari, ma proprio per questo sono splendide queste albe che come campi in fiore riempiono di illusione e contagiano l’allegria della grande festa popolare.

Per essere uniti bisogna avere un buon senso comune e una sete immensa per vivere in un territorio libero dal neoliberismo: senza abusi governativi, senza saccheggi delle risorse naturali, senza censura, senza stati d’assedio e con la piena libertà della diffusione del pensiero. Per lottare bisogna avere coraggio, perché non si tratta solo di imprecare con parole vuote nella rete sociale o manifestare in piazze il sabato per abbronzarsi e andare di sera a bersi una birra con gli amici per festeggiare l’impresa della nuova foto del profilo.

Perché molto è stato il sangue versato in questo continente affinché noi adesso, da grandi ladri della morale veniamo con pretese da incompetenti e facciamo pasticci quando ciò che è necessario è il valore e la dignità. Quello che è accaduto in Ecuador e il modo in cui la polizia e l’esercito spararono contro il suo proprio popolo, è uguale  a quello che è successo in Colombia facendo la stessa cosa, per le stesse ragioni. Le stesse ragioni che hanno mobilitato il popolo cileno a riversarsi nelle strade e dare un esempio al mondo di come si lotta quando un popolo è indignato. Indignato era il popolo boliviano quando andò a votare per recuperare la democrazia. Il popolo haitiano  ha vissuto un’indignazione permanente ma chi lo ascolta?

Come ha fatto Bolivia? E’ un’apoteosi, passeranno generazioni e questa impresa sarà una specie di un racconto mitico, tanto mitico e grandioso come Tùpac Katari e Bartolina Sisa. Come fantastica è stata la prima linea di giovani cileni di fronte alle manifestazioni, affrontando con coraggio in difesa  di quelli che sono rimasti indietro appoggiandoli. Questa prima linea in Guatemala e quelli che li hanno appoggiati sono sempre stati  dei popoli originari, solo loro in prima fila e coprendosi loro stessi le spalle perché fra lo Stato e la società razzista e classista, sanno che la pugnalata arriverà da qualsiasi parte. Senza motivo ai tempi della dittatura si sono accaniti contro loro,  tanto che li volevano sterminare per dare la terra ai ladroni di sempre. Ad eccezione, ovviamente, dei meticci che hanno dato la vita lottando per una vita società più giusta e quelli che sono sopravvissuti a quei tempi di torture collettive.

In Colombia i popoli che devono fuggire dal loro territorio si stipano ovunque, diventando profughi che non contano per lo Stato perché lo stesso Stato e il suo sistema di paramilitari li torturano fino a quando non rinunciano alle loro terre. Il lavoro gratuito in comune è dignità, resistenza, è la voce della lotta, è la parola del popolo presente e deciso nella ricerca dei loro diritti. Quando  il lavoro comunitario inizia e va in cerca dei tiranni, i tiranni si nascondono perché è tanto grande la dignità dei popoli d’origine che nessuna impunità vede la luce. L’America Latina  è ferita a morte, ci hanno prosciugato i fiumi, hanno abbattuto le foreste e bruciato il fogliame, un ecocidio dietro l’altro. 

I minerali escono dai nostri territori per essere utilizzati in altri, lontani, molto lontani e a noi ci prendono in giro. L’elemosina la prendono i ladri di sempre che quando arriva il momento ricevono il loro calcio nel culo. Educazione, salute, privatizzate perché un popolo malato e ignorante è necessario affinché l’impunità eserciti il suo mandato territoriale. Sparizioni forzate, pulizia sociale, terre bruciate e leader assassinati perché i popoli temerari e angosciati sono necessari per uno Stato  saccheggiatore e prepotente. Il Brasile  negli ultimi 4 anni è un  chiaro esempio.

Celebriamo il coraggio del lavoro  comunitario colombiano, come le imprese del popolo boliviano e la dignità del popolo cileno, ma ci domandiamo anche quando si stancheranno gli altri popoli  latinoamericani che vivono in ginocchio in sistemi di impunità e neoliberali? Quando il coraggio e l’indignazione inizieranno e diranno basta al saccheggio? Quando onoreranno la memoria di coloro che hanno lottato per liberare il loro  territorio? Quando penseranno all’eredità  che lasceranno alle generazioni successive? Questa eredità, vale a dire: il paese, che paese  vogliono che vivano quelli che arrivano? Lo stesso paese che abbiamo ricevuto o un paese con società più giuste, con salute ed educazione pubblica? Un paese dove si può camminare liberamente senza aver paura  o scomparire? Un paese dove non è punito essere donna, omosessuale, indigena o nero? Un paese dove lo sviluppo per una vita integrale non sia solamente un testo di pianificazione magistrale.

Un paese dove la bellezza della rugiada sul petalo di un fiore non sia una chimera.

Un paese dove l’allegria dei popoli dignitosi sia permanente. Chi lo sogna? Io, sí.

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Ilka Oliva Corado @ilkaolivacorado

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