Il mio primo amore nell’arte

Tradotto da Monica Manicardi

Il mio letto non ha la testiera, ho rimediato al riguardo due giorni fa quando ho voluto leggere di notte e mi ha fatto male la schiena pesante sulla parete, se ne appoggio una non ci sta la sedia nella quale mi siedo a scrivere davanti alla mia scrivania e preferisco scrivere.  Il mio studio-camera è pieno di dipinti che rivestono le pareti accanto ad una chitarra che penzola da un  lato di due acchiapasogni. Questo studio-camera è pieno di vasi  di pennelli e tele di ragni negli angoli, la mia scrivania occupa  un discreto spazio, e no, non ho posto per i libri così la mia biblioteca è scarsa, solo alcuni che giacciono sopra un archivio di metallo ai quali tolgo la polvere ogni tanto.

Ho sempre sognato una scrivania grande, larga, anche se da piccola i compiti li ho fatti di corsa, in mano, mentre pulivo la baracca degli attrezzi, mungevo le capre, innaffiavo il cortile e lo spazzavo con lo scopino  o raccoglievo le uova nel pollaio; è stato in questo modo che ho appreso a sintetizzare in tempo degli esami, due lette e un foglio dove riassumevo il contenuto del semestre e le solite domande come promemoria di ciò che io credevo fosse importante. La scrivania in quegli anni era un desiderio impossibile, lo è stato anche come migrante nel mio paese affittato fino a quando non ho deciso di realizzarlo.

Essere scrittrice? No, questo non mi è mai passato per la mente. Quello che sempre avevo dentro di me era dipingere, di fatto la pittura è il mio rimo amore  nell’arte, nella vita continua ad essere il football. Ma il mercato consentiva appena il basilare quindi da una parte prendevo i soldi e dall’altra  li spendevo. Era così tanto il mio amore per la pittura che quando entrai  nell’adolescenza affinché non mi facesse più male, lo bloccai dai miei pensieri e la feci sparire per decenni forse inconsciamente, fino a quando nel 2013 a mille chilometri di distanza da quel cortile che ero solita spazzare con lo scopino, timidamente incominciai a dipingere con acquerelli un paesaggio della strada che mi porta alla casa di mia nonna materna, la casa dove sono nata a Comapa. Mi tremavano le mani, ho innaffiato di acqua il foglio fino a quando al terzo tentativo si realizzò, e poco a poco riuscì a calmare y miei nervi  e  dipingere quella strada con acquerelli e acrilico.

E’ stata una sensazione molto diversa a quella che provoca in me scrivere, quando scrivo è come si aprisse la chiave di un getto a pressione ed uscisse acqua ovunque, è un processo assolutamente di catarsi, ma con la pittura è un’altra cosa, dipingere mi genera soddisfazione, mi provoca la sensazione di benessere, di tranquillità, di pace e di completezza; provoca in me l’allegria e  felicità. Niente è importante, niente esiste quando dipingo, ci sono solo  i miei pennelli danzando con i colori.

E anche se mi affascinano gli acquerelli, i miei sono astratti. Conosco poco o niente di pittura, di tecnica, della teoria dell’origine dell’arte  e di queste cose. Non ho mai preso lezioni di disegno come nemmeno le ho mai prese per la scrittura. Io non sono una pittrice ma questo non mi importa. Dipingo ciò che il mio cuore sente di esprimere e, così come nella scrittura che non riesco a scrivere a comando o cerebralmente, nemmeno riesco a dipingere a comando; la lettera come la pittura arriva dalla mia anima e nasce quando meno me lo aspetto: si presenta, esce e non importa quando e dove. Con la scrittura ho l’esortazione del foglio di carta, con la pittura rimane in me come un inquietudine, come una sete che riesco a saziare solo quando prendo in mano il pennello. E non riesco nemmeno limitarla ad un orario preciso o come routine, quando ci provo non esce assolutamente niente.

Sì, i colori devono essere accesi, i colori dell’arcobaleno, del Caraibi, della radice africana che fa vibrare il mio cuore. Gli astratti sono i miei autoritratti, mi vedo in loro, in loro ci sono le mie emozioni; l’esplosione degli istanti di felicità, di ira, dei dubbi, di tristezza, tutti i miei stati d’animo in un esplosione di colori senza una forma precisa, senza linee, liberi, esistono per come sono senza decorazioni, senza nessun stile. I miei dipinti come i miei scritti non sono pensati e nemmeno analizzati, sono sentiti e emotivi. Tornare ad incontrarmi con il mio primo amore è stata una carezza della vita che si impegna a scaldarmi giorno dopo giorno e a mostrarmi qual è’ la mia ragione di essere.

Il mio studio-camera è pieno di quadri e tele ammucchiate, un cavalletto da principiante al quale comincia avere un piede spezzato, una finestra che mi permette di viaggiare intorno al mondo e attraverso del tempo, una manciata di recipienti di  pennelli e colori di sfumature Mamà Africa e una nebbia di testardaggine che non mi permette di darmi per vinta e mi sfida a dire di sì, che anche io sono pittrice.

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Ilka Oliva Corado @ilkaolivacorado

 

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