Xiéxié

Tradotto da Monica Manicardi

Osservo dal finestrino dell’auto il cielo oscurato, tutto il giorno è stato soleggiato ma è agosto ed è il momento della preghiera; in un batter d’occhio le nubi sono scese  ammucchiandosi una  sopra l’altra con le loro pance pronte a scoppiare; il paesaggio dal cielo azzurro nella prateria diventa color cenere, sta per cadere un acquazzone. Vado incontro alla tempesta, all’orizzonte è un continuo via e vai che attenua il caldo degli ultimi giorni d’estate, il traffico è lento, è venerdì, sono stanca, voglio arrivare a casa e stendermi sul letto e dormire, dormire con l’acquazzone che cade, rinfrescando la notte, accarezzando  l’alba.

Ma ho anche voglia di festeggiare perché ho finito di pubblicare il mio nuovo libro e voglio mangiare per cena cibo cinese dal mio ristorante preferito e bermi tre bicchierini di tequila, sono molti anni che non bevo tequila, sarà forse quasi dieci anni e oggi voglio festeggiare: festeggiare la mia follia e la mia creatura numero quattordici. Voglio festeggiare con me stessa e  solo con me stessa.

Scendo dall’auto in mezzo alla tempesta e corro verso al ristorante, è piccolo, tanto piccolo che ha solamente un tavolo e due sedie per i clienti, la maggior parte della vendita è d’asporto. E’ un ristorante a conduzione famigliare: il marito è il cuoco, la moglie si occupa delle ordinazioni ed il fratello del cuoco fa le consegne a domicilio. Jian è di Hong Kong e sua moglie Li è di Taiwan, tutti e  due arrivati negli Stati Uniti molti giovani, come 30 anni fa.

Mentre entro noto Li molto stanca, più stanca del solito, ma sempre sorridente e attenta, anche se il dolore della schiena e dei suoi piedi si riflette nei tratti del suo viso, io chiedo quello che chiedo sempre: una zuppa della casa di verdura, un riso misto piccolo e un involtino di verdure.

La zuppa ha la su storia, racconta Jian che la gente dei sobborghi in Cina hanno solo quella zuppa da mangiare, e la preparazione è molto semplice: le verdure tagliate vengono versate in una ciotola con acqua bollente alle quali si aggiungono alcune gocce di olio aromatizzato e un poco di riso bianco e quando è pronto si serve con le verdure a mezza cottura.

Li, – le dico per cercare di non farle sentire  la stanchezza emozionale- allora, hai imparato la lingua di Jian? Sì, perché sono andata a vivere a casa sua  con la sua famiglia e nessuno parlava la mia lingua e ho dovuto imparare la loro. -Vi siete conosciuti qui? Sì, qui, io parlo il mandarino e un’altra lingua di Taiwan e loro  parlano il cantonese.

L’unica figlia avuta dal matrimonio aveva già quattro anni quando Jian emigrò, non si è mai fatta vedere al ristorante, a lei le piaceva studiare e non ne vuole sapere dell’attività dei suoi genitori, mi racconta Li,  un po’ melanconica perché hanno previsto di venderlo in cinque anni per raggiungere la pensione e ritornare a vivere che sia a Taiwan o a Hong Kong, perché qui la vita è molto dura per i pensionati.

Tuttavia Li ha sempre avuto un lavoro par-time al mattino per avere un entrata di denaro extra e fisso e dopo mezzogiorno sta nel ristorando per pendere le ordinazioni, questo le ha permesso una specie di ritiro dal quale riceve una miseria che non le permette nemmeno di pagare la luce, mi racconta.

Anche Jian partecipa alla conversazione dalla cucina dove è impegnato con padelle, oli, riso e verdure,  adesso ha sessantadue anni e pensa di vendere il ristorante a sessantasette anni per ritirarsi e allontanarsi dal paese, ha la speranza che gli diano una bella somma per la vendita  per potersene andare, perché non sopporta più il dolore alle ginocchia causato dal freddo inverno.

Suona il campanello che avvisa quando si apre la porta principale del locale e Li saluta Josè, un uomo di mezza età che immediatamente lo coinvolgiamo nella conversazione, Josè è arrivato negli Stati Uniti a quattro anni, è il titolare di un’impresa di giardinaggio nella quale lavorano venti impiegati messicani, tutti indocumentati. Chiede cinque piatti di porzioni grandi perché festeggia il compleanno di uno di loro, lo stanno aspettando nel locale dove parcheggiano i furgoni.

Jian lascia almeno quindici peperoncini che mette in una busta con limoni tagliati a croce, gli aggiunge una specie di biglietto che regala solo quando la spesa supera i quaranta dollari, è pasta di calamari fritti  in farina. Josè li conosce  da quando era adolescente, tutta la sua famiglia compra lì, dice che conosce la figlia di Jian e Li e racconta che hanno una certa età, che lui gli ha trovato una bambinaia messicana che si prende cura dei suoi due figli.  Jian è felice perché la signora messicana di settant’anni che si prende cura di loro gli parla solo in spagnolo e loro lo capiscono e lo parlano alla perfezione. Quindi i bambini, hanno la speranza, che parlino cantonese, mandarino, inglese e spagnolo.

Finalmente la mia cena è pronta, li saluto per avvisarli che tornerò in una prossima occasione per lo stesso ordine: una zuppa di verdura, un riso misto, un involtino di verdure.  Li ringrazio non prima di chiedere a Li come si dice grazie in mandarino e in cantonese; lei entusiasta si avvicina al bancone, respira e mi spiega che in mandarino si dice: Xiéxié e in cantonese: Do zé.

E’ finito il temporale, le strade sono pulite, ci sono poche automobili nelle vie, comincia a oscurarsi, arrivo al negozio di liquori per comprare la mini bottiglia di tequila, mi riceve il padrone, un indù con il quale ho conversato della sua nativa India per molti pomeriggi nel corso degli anni quando venivo a comprare vino o birra.  Si sorprende quando vede che indosso  una  camicia indù, tanto  che esce per aprirmi la porta e fare l’inchino del Namastè, di origine sanscrito, lo stesso saluto si chiama gassho quando si inclina la testa in Giappone e lo fanno  anche in Corea.

Esco con la mia piccola bottiglia de tequila, arrivo a casa con la mia cena cinese, brucio un po’ di salvia, mi siedo per mangiare e dopo, nel corso della notte, mi bevo i miei tre bicchierini di tequila; perché non tutti i giorni si edita un libro e non tutti i giorni le piccole battaglie quotidiane si possono festeggiare con un piatto di cibo, in una notte fresca con il canto dei grilli e le cicale.

Questo testo può essere condiviso in qualsiasi blog o social network citanto la fonte di informazione  URL:  https://cronicasdeunainquilina.com

Ilka Oliva Corado @ilkaolivacorado

Deja un comentario

Este sitio usa Akismet para reducir el spam. Aprende cómo se procesan los datos de tus comentarios.