Zdravo

Tradotto da Monica Manicardi

Prendo il mio barattolo di monete, sto aspettando in fila affinché uno dei cassieri mi serva e me li possa cambiare in dollari. Queste monete che uno conserva e che si accumulano nel portafogli. Ci sono solo sue cassieri che servono e inoltre si alternano per occuparsi di coloro che sono agli sportelli: uno indiano che è nuovo e ancora sta imparando,  per tutto il tempo si sbaglia e non chiede nemmeno scusa per combinare guai, oltre alla lentezza; l’altro è latinoamericano molto gentile ma è come una trottola perché i clienti latini che non parlano spagnolo  cercano solo lui.

Finalmente l’indiano mi riceve con la sua lentezza di sempre solo per dirmi che la macchina non sta funzionando e che devo aspettare qualche minuto mentre prova ad aggiustarla per potermi cambiare le monete, allora aspetto seduta perché conoscendo il suo brio ci metterà molto tempo.

Al lato della mia sedia  c’è una signora  più o meno di 75 anni, tipo europea, uno dei vicedirettori della banca che è pachistano arriva immediatamente a domandarle se la può aiutare  e lei le risponde con un scarso inglese e secca: Resting (riposo), l’uomo che non l’ascolta molto bene si avvicina e le torna a chiedere se ha bisogno di aiuto e lei torna a ripetere Resting, lui non capisce bene  e allora io gli dico che solamente si è seduta per riposare, al riguardo arriva un signore che si presenta come suo marito e risponde al pachistano che ha bisogno di sbrigare delle pratiche in banca e se lo può assistere, i due uomini se ne vanno ed io rimango con la signora mentre aspetto  quello lento che aggiusti la macchina che conta le monete.

Le chiedo di che paese è, lei mi risponde che parla poco inglese, che non le piace, che è arrivata nel paese già grande di età e che la sua testa non le permette di impararlo, io le dico che sono del Guatemala e che parlo spagnolo, accenna un sorriso  quando dico Spanish. Ma non capisce dove si trovi il Guatemala allora le spiego che confina con il Messico, che è il paese che continua andando verso il sud. Messico!, tacos, Vallarta, dice emozionata. A quel punto mi racconta  che è della Macedonia e continua a ripetere come in codice un luogo: Macedonia, Jugoslavia e cerca di  tracciare una mappa nell’aria, indicando  con le sua mani. Che lingua parli, le domando ma non mi capisce, le dico di non preoccuparsi, anche se non parliamo la stessa lingua ci capiamo, e rimane a guardarmi cercando di decifrare quello che le dico.

Come si dice ciao nella tua lingua, le chiedo, Hi come si dice Hi e le faccio un segno con la mano, le dico che Hi si dice hola in spagnolo e come si dice nella sua lingua, sorride felice  mi risponde Zdrabo e mi saluta con la mano, ci siamo messe a ridere e ci siamo date la mano, Zdrabo, lo torna a ripetere ma questa volta con sicurezza e orgoglio, Zdrabo le rispondo di nuovo. Ed è bastato che si sedesse sulla sedia per cominciare a parlare nella sua lingua senza mai fermarsi, ogni tanto le escono parole in inglese e spagnolo: Work, Factory (lavoro, fabbrica), molti anni, stanca , sonno, no resting (non c’è riposo), amici, birra, tacos, Mexicans friends (amici messicani). E tutto lo spiega con i gesti delle mani, quando dice che non aveva riposo nella fabbrica si tocca le gambe e le spalle e fa la faccia da stanca, quando parla degli amici messicani le si accende un sorriso.

Io la osservo affascinata mentre l’ascolto: ha i capelli biondi in mezzo ai bianchi, le sue sopracciglia non depilate e i baffi folti molto fini,  i suoi occhi verdi, ha l’intreccio degli anni in ogni solco che segna le fessure delle sue mani e del suo viso, e lei parla, parla ed io continuo ad osservare le sue mosse e le su espressioni facciali, non capisco di cosa parli, non so cosa mi stia raccontando perché non pronuncia più parole in inglese né in  spagnolo.

Da quanti anni ha lasciato il suo paese? Perché è emigrata? Che cosa le manca della sua Macedonia? Jugoslavia? Vorrei chiederle se Macedonia faceva parte prima della Jugoslavia, se sa qualcosa dell’Unione Sovietica, perché io non so nulla. Qual è il piatto tipico della Macedonia? Si mangia pane, tortilla, riso? Crescono i manghi? Che frutta cresce? Come è stata la sua gioventù in Europa? Quanto vorrei parlare il serbo, il macedone, la sua lingua madre per poter conversare e sapere un poco di più di lei, ma sinceramente non importa solo comprendo la sua lingua madre, c’è una lingua universale che non ha bisogno di traduzioni e questa è l’idioma delle anime: l’idioma della nostalgia del migrante, della condizione degli esseri umani senza frontiere.

Finalmente arriva in tutta tranquillità il cassiere indiano per dirmi che è già pronta la macchina e che posso andare a contare le monete, saluto la signora non prima di chiederle come si dice addio nella sua lingua: Zbogum, mi risponde emozionata, Zbogum, le ripeto e l’abbraccio, in spagnolo si dice adiòs le dico e mi incammino, adiòs, lei ripete facendomi il saluto con la mano.

Mentre il cassiere conta le monete penso come è affascinante conversare con persone sconosciute, è una delle cose che mi piacciono di più della vita, perché uno si rende conto che per quanto ci siano molte differenze di colore, di nazionalità, di cultura, di idioma, di religione, di grado scolastico, non siamo tanto diversi in realtà, siamo un solo filare di molti fili colorati, come l’arcobaleno: ed è per questo che è bellissimo.

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Ilka Oliva Corado @ilkaolivacorado

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