Se le utopie sono realizzabili

Tradotto da Monica Manicardi

E’ ciò che ha  la speranza, che in inverno ci fa pensare nella primavera e nella rugiada dei fiori esplodendo al suono del cinguettare degli uccelli che tornano dopo la loro lunga assenza.

A breve smetterà, diciamo quando rimbombano gli acquazzoni sui tetti di lamiera nei ghetti e le perdite sono un dolore in più del paria, mentre le strade si trasformano in fiumi dove i bambini saltano e giocano con le loro barche di carta, con la fame nella pancia e i sogni si diffondono di innocenza. Già marginati ai tempi dei loro antenati.

La legna bagnata accatastata da un lato della cucina ci ricorda che la cucina rustica senza la brace non è la poesia naturale dei fiori che abbelliscono la campagna. E lo sbattitore senza il caffè caldo è come una pentola senza anima quando non ci sono i fagioli.

A breve schiarirà, diciamo nel popolo mentre il temporale copre il milpal, sperando che la radice resista e no si lasci trascinare dalla corrente e il bisogno ci sommerga.

Nella miseria e  nell’apprensione dell’alba desideriamo il sogno o il sorgere del sole, affinché la noia e l’angoscia trovino  la culla e l’anima un respiro.

Un respiro lo ha aspettato il Messico per decenni, un respiro affannoso, una luce di lanterna nell’oscurità dell’impunità e dell’insulto. Ma finalmente comincia a schiarirsi e il tempo della primavera per il popolo che ha sofferto la rabbia della carestia e l’obbrobrio sarà il prossimo. 

Una valanga che ha preso tanto sul suo cammino, sogni, vita, generazioni complete, una corrente impetuosa che ha obbligato alla migrazioni popoli interi, che li ha spinti all’esilio, che gli ha sepolti in fosse clandestine. Una piaga che li ha dissanguati, gli ha denigrati e ha cercato di sterminarli.

Se le utopie sono realizzabili, nel deserto fioriranno milpales che si riempiranno di rampicanti di fagioli e Lopez Obrador con il suo intervento elogerà la memoria di Emiliano Zapata, Pancho Villa, Las Adelitas, Malinali, Siqueiros, Revueltas, I 43 di Ayotzinapa, i martiri di Thaletolco, a Lucio Cabañas ed i popoli feconderanno le loro radici senza essere strappati dall’erosione della migrazione forzata e dall’umiliazione.

Se le chimere hanno la capacità di prosperare nelle aree montuose Tarahumaras e nel deserto di Sonora, l’eco dei Popoli d’Origine messicani echeggeranno in  tutta L’America Latina con un presidente che lo ha saputo onorare. E la siccità e la carestia saranno parte della Memoria Storica di un passato che servirà come concime dove cresceranno  i nuovi pascoli che daranno alimenti a gruppi di rondini che faranno dell’estate un cammino da cui procedano le allegrie di coloro che nel passato hanno pianto la desolazione.

Se le utopie sono realizzabili, Lopez Obrador risponderà con lo stesso amore al popolo che gli ha affidato le sementi, il machete e la zappa. Che gli ha affidato il canto delle cicale, la luce delle lucciole e il battito d’ali delle libellule. Al popolo che ha condiviso la melodia del crepuscolo in sinfonia dei grilli nei campi che aspettano l’arrivo della primavera.

Se le utopie sono realizzabili, il Messico comincia oggi a riscrivere  la sua propria storia

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Ilka Oliva Corado @ilkaolivacorado

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