Nel calcio, come nella vita

Tradotto da Monica Manicardi
Il calcio è la passione delle passioni, ed è qualcosa che non consente una discussione. Lo sappiamo tutti. Come passione ha la irriverenza di farci vibrare all’unisono, non importa dove siamo e che lingua parliamo; per la sua caratteristica universale. Il goal è il più vicino a toccare il firmamento con i polpastrelli delle dita; chi segna un goal ha ottenuto l’immortalità, uguale giocando in una strada di periferia e con un pallone di stoffa.
La passione (come io chiamo il calcio) è la cosa più bella che abbiamo sulla terra, e per la felicità che ci dà, dovremmo rispettarla. Rispettarla sempre. Ma facciamo tutto il contrario. Noi umani distruggiamo tutto con il nostro egocentrismo e la nostra irriverenza. Con la nostra abitudine di voler accaparrare tutto e fare lo sgambetto a chi si mette nel nostro cammino: letteralmente.

Allora gli insegniamo ai bambini che se vogliono vincere una partita devono andare dritti alle ossa per ostacolare l’avversario. Questo diretto alle ossa corrisponde alle famose “planchas” (quando entrano con i tacchi in avanti dritto allo stinco) o le gomitate nel naso “che non sono state intenzionali”.
Non si prende il corpo, si spinge e ci si attacca alla maglietta affinché non si riprende il pallone. Che sia astuto e che graffi quando non c’è l’arbitro vicino, che sputi all’avversario per provocarlo e cercare una espulsione. Vincere è la cosa più importante, ci si deve dimenticare di partecipare, vincere o vincere e se non si vince non serve a niente, non si capisce il calcio, non si merita di giocare a calcio, è la vergogna della famiglia. Se sono delle ragazze si prendono per i capelli, si strizzano i capezzoli le si da una gomitata nel seno perché questo dolore le lascerà neutralizzate. Lo stesso per i ragazzi, nei testicoli.
In tutto questo, rubiamo ai bambini la illusione, li facciamo indebolire dall’infanzia, li bruciamo dal dentro, li facciamo diventare macchine di distruzione, gli insegniamo a non rispettare la passione, a non avere rispetto di se stessi, al pubblico, e agli avversari. Non solo, gli insegniamo anche che se perdono non hanno il diritto di piangere perché piangono solo le donne o “le checche” con questo si conferma il ruolo patriarcale e maschilista del genere maschile nella società. Se sono ragazze che piangono per debolezza è meglio che cerchino un altro sport perché è troppo duro per loro, il calcio è per uomini. I ragazzi allora trattengono le emozioni e le fanno uscire a suon di calci contro gli avversari, dentro e fuori dal gioco. E così creeremo esseri umani violenti e capaci di calpestare chiunque per ottenere i loro obiettivi.
Li facciamo diventare insensibili, incapaci di reagire davanti al dolore altrui, incapaci di comprendere quello che vive l’altro, e così vediamo come si beffano delle sconfitte sportive degli avversari e, nell’età adulta così si beffano della sparizione forzata, di una violenza, di un assassinio, di un femminicidio. E li vediamo che nascondono con il loro silenzio l’impunità di ogni tipo. E ancora peggio votano per i rappresentanti del maschilismo, della omofobia, del razzismo, del classismo e delle oligarchie.
La tragedia di tutto questo, è che noi siamo nel calcio quello che siamo nella vita, chiunque non rispetti la passione, manca di rispetto a se stesso e agli altri. E’ così, sì o sì. Chi è violento in campo lo sarà in qualsiasi posto. Chi imbroglia in campo, farà imbrogli nella vita sempre.
E c’è anche questo, il nostro importante ruolo come spettatori, quando siamo in platea. Che è quello che gli insegniamo ai bambini che stanno vedendo il gioco insieme a noi. Se ci ascoltano che insultiamo, o esortiamo che un giocatore si lanci all’interno dell’area per cercare il rigore. Se insultiamo l’arbitro che ovviamente sa più del regolamento di noi. Se chiediamo ai giocatori di ignorare il gioco pulito.
Se ci burliamo del dolore della squadra che ha perso, se ha perso la nostra squadra e ci sfoghiamo con chiunque. Questo che vedono i bambini, lo assorbano come spugna e faranno lo stesso ogni giorno.
Molti credono che il calcio sia solamente calciare un pallone e un gruppo di imbecilli che gli corrono appresso. Il calcio è l’università della vita, ci prepara per tutto, in tutti gli ambiti della stessa. Ci costruisce una disciplina, ci insegna il rispetto, il gioco pulito, l’importanza della devozione, della lealtà, della sensibilità e fa uscire alla luce il nostro carattere che si va a plasmare dentro e fuori del campo.
Perciò la prossima volta che siamo spettatori di una partita di calcio, pensiamo a come ci comportiamo. Se il nostro ruolo è di mentore, istruttore, arbitro, giocatore, padre di famiglia, perché è quello che stiamo insegnando ai bambini. Dico bambini, ovviamente, senza distinzioni di genere, sogno che un giorno il calcio sia praticato dalle femmine senza che vengano insultate, accusate o discriminate per il loro genere.
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Ilka Oliva Corado. @ilkaolivacorado contacto@cronicasdeunainquilina.wordpress.com

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