Le migranti in transito

Tradotto da Monica Monicardi
Escono dalle loro case: in villaggi, popoli, distretti, sobborghi, periferie…., senza una meta fissa, come foglie secche trascinate dal vento, morte in vita, calunniate, picchiate, abusate, rifiutate e biasimate.
Poco si sa di loro; sono invisibili, sono emarginate dallo Stato, li margina la società, il classismo, il razzismo e le disonora il patriarcato. Il proprio paese le obbliga all’abbandono e alla migrazione.
Se ne vanno in treno, nei furgoni, in vagoni, tra colli e montagne, dormono nelle panchine, nei condotti di scarico, attraversano deserti, fiumi, recinzioni. Corrono senza sosta: angosciate, con la paura in faccia, con la bocca secca, con la pelle logora, con lo sguardo perso, con la ferma decisione e con la autorità di paria.

Con il sangue che bagna le loro gambe, con i capezzoli pieni di latte, con la stesso trasloco, con le scarpe rotte, con fame, con sete. Diligenti, spaventate e stordite. Migrano in stormi, in centinaia tutti i giorni.
Nel loro cammino le tornano a marchiare, le tornano a violentare, a picchiare ad essere emarginate. Doppia angoscia, aumenta l’ansietà,l a paranoia si insidia del sangue e palpita come tachicardia nei loro cuori incorruttibili.
Lasciano la loro terra, il nido, la loro prole, i loro sogni. Si trascinano i dolori, le delusioni e frustrazioni, come un carico obbligatorio, come una zavorra ancestrale delle donne emarginate.
Se ne vanno in cerca di vita, vita per la loro prole. Se ne vanno in cerca di aria, di terre stabili, di una opportunità. In poche riescono, poche riescono ad arrivare alla fine del viaggio; nel percorso molte sono scomparse, assassinate, sepolte in fosse clandestine sciolte nell’acido, bruciate con la benzina.
Abusate nella tratta di persone per fini di sfruttamento sessuale, di lavoro e traffico di organi. Bambine, adolescenti e donne finiscono i loro giorni in case di appuntamenti, bar e botteghe, come servizio per i clienti; dove le picchiano e le violentano fino ad ucciderle.
Altre muoiono nei deserti, nella siccità, tra ossa di altri che cercavano anche loro di poter arrivare, tra cactus e polvere. Annegano nei fiumi e galleggiano come rifiuti che nessuno vede o che vedono ma non importa a nessuno. Rimangono nelle linee dei treni quando cadono dai vagoni o le buttano giù i ladri di bestiame dopo averle assalite e violentate.
Di loro si parla poco, esistono solo se riescono d arrivare all’altro lato e si trasformano per diventare rimessa, allora le classificano per numero, per data di consegna e per deposito. Le portano via con violenza, nello stesso modo in cui lo fece il loro paese d’origine: la loro dignità, la loro essenza di persone, di esseri umano ed anche, nuovamente le trasformano in oggetti, nella mano d’opera a buon mercato che nella migrazione è una paria in più, come le migliaia che emigrano, che stanno emigrando e che emigreranno.
A loro il mio rispetto nel Giorno Internazionale della Donna. Lode alle migranti in transito.
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Ilka Oliva Corado. @ilkaolivacorado contacto@cronicasdeunainquilina.wordpress.com

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